Durante il XVII secolo, una cortigiana, una fattucchiera di Palermo, preparò la ricetta di una pozione incolore, insapore e inodore, che fece la sua fortuna e la disperazione molti. Questa è la storia di Giulia Tofana che ideò il delitto perfetto, o quasi.

Come ha fatto una pozione a rendere ricca una donna di umili origini? Perché furono moltissime le mogli infelici che acquistarono la pozione per liberarsi dai mariti infedeli senza lasciare tracce, in pratica Giulia aveva creato l’arma perfetta che prese il suo nome: l’Acqua Tofana.

Le notizie sulla sua vita sono molto lacunose, da quello che si conosce Giulia Tofana è nata a Palermo a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo, era figlia – o nipote – d’arte perché si hanno notizie di una certa Thofania d'Adamo giustiziata a Palermo il 12 luglio del 1633 per aver avvelenato il marito Francesco.

Rimasta sola non ebbe la possibilità di studiare ed era riuscita a sopravvivere solo vendendo il proprio corpo a uomini di ogni estrazione sociale e culturale, ma questa situazione, invece che demoralizzarla, non fece altro che aumentare la sua determinazione a cambiare e la sua voglia di riscatto.

Facciamo un passo indietro: in quei tempi la condizione femminile era di forte subordinazione all’autorità maschile e, soprattutto nei ceti abbienti e nell’aristocrazia, le donne dipendevano economicamente dagli uomini, il matrimonio rappresentava una scelta socialmente accettabile, l’altra era il convento. 

Questo comportava il perdere la vita per una gravidanza era una cosa normale quanto i maltrattamenti o l’essere ripudiate – e, di conseguenza, vittime della pubblica disapprovazione – era la normalità, il divorzio era impossibile, per cui l’unica via, per quanto criminosa, era liberarsi del marito in modo criminoso.

Questo era il contesto storico nel quale Giulia Tofana visse e morì tragicamente.
Fu così che attorno al 1640 la giovane Giulia decise di mettere a frutto le proprie competenze, o forse perfezionò la formula materna e giunse alla creazione di quella che rappresentò la svolta della sua vita: l’acqua tofana.

Il composto era una combinazione di arsenico, piombo e forse belladonna, era incolore ed insapore, per cui poteva essere propinata alle vittime durante i pasti senza destare sospetti, fondamentale era versare poche gocce a pasto, in maniera da avvelenare la vittima a poco a poco.

La pozione ideale per il delitto perfetto.

Il successo di questa attività commerciale fu fulmineo, furono moltissime le donne che si rivolgevano a Giulia per la sua acqua miracolosa e la donna non riusciva a negare il suo aiuto a coloro che volevano riconquistare la propria libertà, ma questo la fece diventare una delle serial killer più famose del suo tempo. 

Ma ogni serial killer ogni tanto commette un errore.

Il primo “errore” capita a Palermo, quando una donna in maniera superficiale, somministrò il veleno al marito tutto in una volta, questi sopravvisse e denunciò la moglie e la Tofana alla Santa Inquisizione.

Giulia fece in tempo a scappare da Palermo con la figlia e complice Girolama Spera e aiutata da un suo amante conosciuto come fra Girolamo, riuscì a riparare a Roma.

La sua vita nella decadente Roma del seicento procedeva  tranquilla in un appartamento a Trastevere pagato dall’amante, gli anni tribolati di Palermo erano ormai alle spalle, fino a quando un’amica le confidò il suo disagio nella vita matrimoniale, per Giulia fu facile reperire le erbe per preparare la sua pozione e gli affari ricominciarono come e meglio di prima.

Ma il destino ha pronto un altro ostacolo per Giulia, questa volta fatale.

La contessa di Ceri, un’altra cliente sbadata di Giulia, commise un errore grossolano: ansiosa di liberarsi del marito, utilizzò tutto il contenuto della boccetta in una volta sola.

Questa volta il marito non fu fortunato come quello di molti anni prima a Palermo e morì sul colpo, attirando i sospetti dei parenti sulla vedova, la quale fece subito il nome di Giulia.

Il suo caso divenne molto popolare in città e ben presto si scatenò una caccia alla fattucchiera per Roma e Giulia fu catturata dalla Santa Inquisizione ed al processo Giulia tentò di difendersi sostenendo che il suo prodotto non fosse un veleno, ma un unguento per la pelle e lei era estranea all’uso che le donne ne avevano fatto.

Ma siamo nel sedicesimo secolo e gli interrogatori erano tenuti con i metodi classici delle Santa Inquisizione, per cui, dopo atroci torture, la donna confessò di essere complice di almeno 600 delitti a partire dal 1631.

Nel 1659 fu condannata e giustiziata a Roma insieme alla figlia Girolama e ad alcuni dei suoi apprendisti a Campo dei Fiori, nello stesso luogo che vide ardere il libero pensatore Giordano Bruno, mentre alcune delle donne accusate di aver avvelenato i rispettivi mariti, furono murate vive a Palazzo Cavalleggeri, sede dell’Inquisizione.

La morte di Giulia Tofana non fermò la produzione dell'acqua che da lei prese il nome: tra il 1666 e il 1676 la marchesa de Brinvilliers avvelenò il padre e due fratelli prima d'essere arrestata e giustiziata, Costanze, la moglie di Mozart, ricordò che il compositore era ossessionato dall'idea che qualcuno lo avesse avvelenato con l'acqua tofana, era il 1791, ancora a metà dell'Ottocento Dumas inserì un riferimento dell’Acqua Tofana nel Conte di Montecristo.


A distanza di cinquecento anni la figura di Giulia Tofana rimane ancora enigmatica: chi era realmente? La cortigiana subdola che, armata solo di bellezza e talento si destreggiò in una Roma decadente, oppure fu colei che ristabilisce un equilibrio di genere in un mondo dove le leggi sono fatta da e per gli uomini e da speranza a donne sopraffatte da abusi e violenze? Fammi sapere la tua opinione nei commenti qui sotto