Un tweet cancellato, due sondaggi polemici e una raffica di sospetti. Andrea Stroppa, consulente informatico salito agli onori della cronaca per essere il referente di Elon Musk in Italia (qualunque cosa ciò possa voler significare), ha scatenato un acceso dibattito politico con una serie di post su X (ex Twitter) che mettono in discussione l'operato del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e, indirettamente, l'equilibrio della maggioranza di governo.  

Tutto inizia martedì scorso, quando Stroppa pubblica (per poi eliminare) un messaggio in inglese che cita presunte aggressioni alla polizia in un quartiere di Roma e l'auspicio di un ritorno di Matteo Salvini all'incarico di ministro dell'Interno. Il giorno seguente, però, lancia questo sondaggio: «Da quando è ministro Piantedosi mi sento più o meno sicuro?»
Il 67% degli oltre 1.100 partecipanti risponde di sentirsi meno al sicuro.

Poi, un nuovo quesito: «Quale ministro dell'Interno ha gestito meglio la sicurezza negli ultimi anni?», con Salvini tra le opzioni. Questo il risultato finale: Salvini il più apprezzato (48%) con Minniti (31%) staccata Lamorgese (13%). Ultimo Piantedosi. 

Oggi, ancora un nuovo sondaggio sullo stesso tema (il risultato - quasi scontato - sarà disponibile domani), introdotto così: 

«Programma centrodestra 2022 - poliziotto di quartiere, adeguamento organico, militari nelle zone difficili, contrasto baby gang, microcriminalità e immigrazione illegale, riqualificazione luoghi di degrado. Ha mantenuto le promesse Piantedosi? Votate e condividete! Piantedosi sta lavorando bene o dovrebbe lasciare?»

La quasi certezza di un possibile coinvolgimento di Matteo Salvini su tale frenetico affannarsi nel gettar fango su Piantedosi da parte di Stroppa è spiegabile per due motivi: la storica sintonia con Elon Musk e il desiderio, mai nascosto, di tornare al Viminale dopo l'assoluzione nel processo Open Arms. Pur elogiando pubblicamente Piantedosi («un amico che fa bene il suo lavoro»), il leader leghista non ha rinunciato a rivendicare la linea dura a lui tanto cara sull'immigrazione, condividendo su X le parole di Donald Trump sulla necessità di un'Europa più aggressiva contro i "clandestini". Un messaggio che riecheggia i decreti Sicurezza del 2018-2019, elaborati proprio da Piantedosi quando era capo di gabinetto di Salvini.  

Per Salvini, evidentemente, quello di ministro dell'Interno è un incarico che meglio si adatta a fare da moltiplicatore alla sua giornaliera attività di propaganda, in modo da risalire la china nelle preferenze dell'elettorato (post) fascista, per cercare di riprendersi, almeno in parte, i voti che Meloni gli ha sottratto.

Al di là delle smentite ufficiali, molti nella maggioranza interpretano i sondaggi di Stroppa come un sostegno indiretto alla strategia di "disturbo" che Salvini sta attuando contro la premier. Dalla difesa della ministra Santanchè alla missione in Israele, fino alla polemica sulla rottamazione fiscale, il segretario leghista ha iniziato a marcare una distanza sempre più netta rispetto alla linea di Palazzo Chigi. Inoltre, nelle ultime ore, nessuno della Lega si è speso pubblicamente per sostenere ill deputato Delmastro (FdI), fresco di condanna.

La posizione di Giorgia Meloni? Per ora fa l'indifferente e per non apparire cedevole alle pressioni salviniane, che vanno avanti da tempo, lunedì ha voluto affiancare il ministro Piantedosi alla Conferenza dei prefetti, ribadendogli la sua fiducia.  

Nella nuova querelle, è intervenuta anche l'opposizione, con il Partito Democratico che ha presentato un'interrogazione parlamentare chiedendo a Meloni di chiarire se ritenga «normale» che il ministro Piantedosi, un ministro chiave del suo Governo, possa esser attaccato giornalmente da un «influente esponente vicino a Trump». A questo, inoltre, ci sono da aggiungere i motivi di Stroppa (e di Musk) nel promuovere tale iniziativa. Perché un consulente legato al tycoon statunitense dovrebbe destabilizzare il governo Meloni cercando di sfiduciarne il ministro dell'Interno? C'è chi intravede una vendetta per la cautela della premier sull'Ucraina, in contrasto con il filo-trumpismo di Salvini. Altri pensano ad un monito: senza accordi con Roma, potrebbero saltare i contratti di Starlink, il sistema satellitare di Musk per la banda larga in aree remote.  

In attesa di chiarimenti, a noi rimane un dubbio: tutto questo è da catalogare come un caso di opinioni personali (di Stroppa) o un primo passo dell'ingerenza degli Stati Uniti negli affari italiani?

È un momento delicato per la maggioranza Meloni che ad un tratto, tra scandali, sentenze e possibili complotti, si scopre fragile, tanto che persino un tweet potrebbe accendere una crisi, con l'ombra di Musk, tra satelliti e sondaggi, si allunga sempre di più sul governo Meloni.