"Up to eight of Italy’s troubled banks risk failing if prime minister Matteo Renzi loses a constitutional referendum next weekend and ensuing market turbulence deters investors from recapitalising them, officials and senior bankers say."

In Italia ci sono otto banche in difficoltà. Se il primo ministro Matteo Renzi perde il referendum costituzionale il prossimo fine settimana, ci saranno delle turbolenze sui mercati finanziari e gli investori sarebbero pertanto scoraggiati nel ricapitalizzare quelle banche che, di conseguenza, rischierebbero di fallire.

Per la cronaca, queste sono le banche a rischio: Monte dei Paschi di Siena, le banche di media dimensione: Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Carige e le quattro banche locali "salvate" lo scorso anno: Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e CariFerrara.

Questo è l'incipit dell'articolo pubblicato sul Financial Times da Rachel Sanderson con il seguente titolo: "Fears mount of multiple bank failures if Renzi loses referendum" .

Qualche breve considerazione.

Il primo ministro non può perdere il referendum, perché il referendum non riguarda né lui né il suo governo, ma il nuovo testo costituzionale. E la Costituzione, almeno fino a prova contraria, non appartiene a Matteo Renzi. Quindi, già scrivere che Renzi perda il referendum non è tanto una sciocchezza, quanto, piuttosto, una colossale castroneria.

E se una giornalista, Rachel Sanderson, è capace di scrivere una castroneria già all'inizio dell'articolo, va da sé che anche il resto non possa essere da meno.

Renzi ha personalizzato il referendum. Ma è un suo errore! Il referendum non riguarda il Governo, ma il testo della nuova Costituzione. Renzi ha minacciato le dimissioni come arma di ricatto. E' un ignorante dal punto di vista istituzionale e un ricattatore dal punto di vista politico.
Quindi, se una persona che abbia dimostrato tali "qualità" avrà la cortesia di dimettersi da un'importante carica pubblica, se gli italiani voteranno No il 4 dicembre, non può che essere un vantaggio per chiunque, anche per i mercati.

E nel caso Renzi si dimettesse e venisse sostituito da un governo tecnico, quale sarebbe il problema per i mercati? Fino a ieri i governi tecnici sono stati salutati dai mercati finanziari come la manna dal cielo! Monti ed il suo governo equivalevano per la finanza come la seconda venuta del Messia. Adesso, perché un'eventuale caduta di Renzi - che ovviamente sarebbe seguita da un governo tecnico - non dovrebbe piacere ai mercati? Perché stavolta Rachel Sanderson con i banchieri e gli investitori da lei intervistati, non lo hanno spiegato.

Ma non ci hanno neppure spiegato perché il bail in già indicato un anno fa come la legge che mancava e l'ultimo stress test di qualche mese fa della BCE sulle banche italiane che hanno portato alla ricapitalizzazione per il solo MPS, adesso non valgano più.
L'Italia ha seguito le regole detatte dalla Commissione UE e dalla BCE e adesso tutto quanto non vale più?

E perché su tale considerazione dovrebbe influire il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione? Ed in che modo, tecnicamente, questi quesiti dovrebbereo influire?

L'Economist ha pubblicato un editoriale in cui analizzava la nuova Costituzione e, a torto o a ragione, diceva che il nuovo testo è peggiorativo rispetto all'attuale e porterebbe confusione, invitando a votare no. Quindi, ha espresso un giudizio nel merito.

Quello del FT è solo un articolo allarmistico che, dal punto di vista logico, non ha alcun senso. In pratica, non è giornalismo, ma solo propaganda.

Prima di arrivare a domenica 4 dicembre a quanta di questa propaganda dovremmo assistere?