Le autorità israeliane hanno trattenuto migliaia di lavoratori di Gaza in detenzione per diverse settimane in seguito agli attacchi del 7 ottobre, sottoponendo alcuni di loro a condizioni  di vita inumane e degradanti, ha affermato Human Rights Watch. Altre migliaia rimangono bloccate nella Cisgiordania occupata, senza uno status legale valido a rischio arresto.

Le persone detenute dopo il 7 ottobre sono state trattenute dalle autorità dello Stato ebraico in Israele e in Cisgiordania, alcune sarebbero state interrogate su presunti collegamenti con Hamas o se fossero a conoscenza degli attacchi. Il 3 novembre, oltre 3.000 lavoratori palestinesi sono stati rilasciati dalla detenzione e trasferiti a Gaza. Le autorità israeliane devono ancora chiarare il numero totale di lavoratori presenti in Israele il 7 ottobre  provenienti da Gaza, o il numero di lavoratori che sono stati detenuti o sono tuttora detenuti. Le autorità israeliane non hanno rivelato se qualche lavoratore di Gaza sia stato accusato di qualche crimine.

Si stima che circa 18.500 lavoratori di Gaza avessero il permesso di lavorare in Israele il 7 ottobre, anche se non è chiaro quanti di loro vi si fossero recati quel giorno. Per ottenere i permessi, i richiedenti provenienti da Gaza sono stati sottoposti a rigorose valutazioni di sicurezza.

Sulla questione il 19 e 21 dicembre, Human Rights Watch aveva scritto all'esercito e al servizio carcerario israeliani, senza ricevere risposta.

Il portavoce militare israeliano ha confermato ad Haaretz che due lavoratori di Gaza, uno malato di cancro, l'altro di diabete, sono morti sotto custodia israeliana, dicendo: "I due sono morti a causa di condizioni mediche complesse contratte prima del loro arrivo nelle strutture. È in corso un'indagine sulle circostanze della loro morte". 

I gruppi israeliani per i diritti umani Gisha e HaMoked hanno riferito a Human Rights Watch che le famiglie di Gaza hanno contattato dopo il 7 ottobre i gazawi trattenuti in Israele. Entrambe le organizzazioni hanno chiesto il permesso di visitare i detenuti, parlare con loro telefonicamente e ricevere informazioni sul loro status giudiziario, ma senza alcun risultato.

Il 23 ottobre, sei organizzazioni per i diritti umani in Israele hanno presentato una petizione urgente all'Alta Corte israeliana, in cui si affermava che le autorità israeliane si erano rifiutate di fornire qualsiasi informazione su dove i lavoratori fossero detenuti, in base a quale legge e per quanto tempo.

Il 2 novembre, Gisha e HaMoked hanno presentato una seconda petizione urgente all'Alta Corte israeliana affermando che "i detenuti erano trattenuti... senza accesso a rappresentanza legale" e presumibilmente sottoposti a "violenza fisica e abusi psicologici, nonché... condizioni disumane".

Il 2 novembre, il governo israeliano ha votato per il rimpatrio a Gaza dei "lavoratori di Gaza che si trovavano in Israele il giorno in cui è scoppiata la guerra". Il giorno successivo, le autorità israeliane hanno rilasciato 3.026 lavoratori palestinesi a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom. Il 13 novembre la Corte ha respinto l'istanza, visto il rilascio dei lavoratori il 3 novembre.

I lavoratori palestinesi liberati hanno rilasciato interviste ai media, descrivendo abusi e condizioni degradanti di detenzione, tra cui l'essere stati sottoposti a scosse elettriche, aggrediti da cani e tenuti per diversi giorni senza cibo né acqua. 

Il 9 novembre, il governo israeliano ha pubblicato un regolamento di emergenza sulla "detenzione e deportazione di residenti illegali di [Gaza]". Il regolamento afferma che i lavoratori di Gaza non hanno più una base legale per trovarsi in Israele – dal momento che le autorità israeliane hanno annullato i loro permessi di lavoro – e saranno tenuti in custodia fino all'allontanamento. Sebbene il regolamento stabilisca limiti di tempo per la detenzione, consente anche proroghe in base alle esigenze di sicurezza.

La situazione delle migliaia di lavoratori di Gaza fuggiti o rilasciati in Cisgiordania rimane poco chiara. Molti vivono in rifugi temporanei forniti dall'Autorità Palestinese e da organizzazioni non governative. Dalla fine di novembre ci sono notizie secondo cui le forze di difesa israeliane avrebbero arrestato lavoratori di Gaza che si erano rifugiati in case private.

Il 10 novembre, Israele, in coordinamento con l'Autorità Palestinese, ha trasferito a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom un altro gruppo di 982 lavoratori da Gaza che si erano rifugiati in Cisgiordania.

Il 28 novembre, le autorità israeliane hanno rilasciato 300 lavoratori palestinesi a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom. Secondo Osnat Cohen-Lifshitz, capo dell'ufficio legale di Gisha, questi lavoratori sono stati rilasciati dalla base militare di Anatot.

"Le autorità israeliane dovrebbero rivelare quanti lavoratori di Gaza erano in Israele il 7 ottobre, quanti sono stati detenuti, se qualcuno è ancora in detenzione e le ragioni della loro detenzione", ha detto Randhawa. "Dovrebbero indagare sulle segnalazioni di abusi durante la detenzione e garantire il trattamento umano di tutti i detenuti".

Medici Senza Frontiere, ha parlato con Abbas, uno dei palestinesi provenienti da Gaza che lavoravano in Israele e che adesso è rifugiato in Cisgiordania a Nablus.

Adesso, l'unica attività giornaliera  è quella di riuscire a mettersi in contatto con i familiari nella Striscia.

"Tutta la mia famiglia si trova a Gaza, sparsa tra il nord, Khan Yunis e Rafah al sud. Mia moglie e i miei figli stanno vivendo in una tenda: sono già stati sfollati quattro volte da quando è iniziata la guerra. A volte hanno dormito per strada, nelle moschee o in degli edifici abbandonati. I miei quattro figli hanno tra i 5 e i 14 anni, riesci ad immaginare? Ogni mattina all'alba provo a contattarli telefonicamente per sapere se sono sopravvissuti alla nottata. Alcuni giorni le comunicazioni sono interrotte e devo aspettare per giorni prima di poter avere loro notizie".
Abbas è uno dei cosiddetti "Gazan worker": un palestinese gazawi pendolare che lavorava in Israele. Ogni mese oltrepassava il confine dal nord della Striscia, dov'era casa sua, per andare a lavorare in una fabbrica di ferro per qualche settimana, per poi tornare a casa per tre giorni. Da quando suo padre è morto, in quanto membro più anziano, è responsabile anche del resto della sua famiglia, inclusi i suoi fratelli e le sue sorelle.

Il 7 ottobre, quando Hamas ha lanciato il suo attacco contro Israele, Abbas stava lavorando. I giorni successivi dei soldati israeliani hanno fatto irruzione nella fabbrica e hanno iniziato ad aggredire i lavoratori palestinesi, minacciando di sparargli se non fossero tornati in Cisgiordania.

Abbas si è rifugiato tra le montagne per due giorni, prima di riuscire a raggiungere finalmente la Cisgiordania. Quando ha oltrepassato i checkpoint israeliani i soldati hanno preso i suoi soldi e i suoi averi, tranne il telefono.

"Mi considero fortunato perché sono riuscito a tenere il telefono. Gli altri non sono stati così fortunati: alcuni sono stati arrestati, picchiati o addirittura fatti sparire. Non ho nessun familiare qui in Cisgiordania, così ho trovato rifugio in una comunità con altri lavoratori. Viviamo in condizioni terribili, dormiamo sul pavimento senza materassi, coperte o riscaldamenti, ma non è niente in confronto alla situazione spaventosa di Gaza."
Mentre Gaza viene distrutta dagli incessanti bombardamenti dell'esercito israeliano, anche la Cisgiordania sta sperimentando il suo sanguinoso calvario. Le violenze e gli abusi dei coloni e dell'esercito verso i palestinesi erano già aumentati prima del 7 Ottobre e il 2023, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite, ha visto un nuovo record per quanto riguarda il numero di palestinesi uccisi in quest'area, in continuità con lo sconcertante andamento degli ultimi anni.

Dopo la data spartiacque, il numero di attacchi nei confronti dei palestinesi è addirittura aumentato. Essere attaccati dai coloni o arrestati e picchiati dalle forze israeliane è diventata un'abitudine giornaliera per i palestinesi in Cirgiordania, nel mentre le operazioni militari israeliane nei campi profughi di Jenin e Tulkarem hanno provocato l'uccisione di molte persone.

"Sto disperatamente cercando di andare a Gaza per riunirmi alla mia famiglia, ma è impossibile", ha proseguito Abbas. "A un certo punto le autorità israeliane hanno detto che avrebbero concesso ai lavoratori gazawi di ritornare a Gaza, ma quelli che hanno provato a farlo sono stati arrestati, derubati, interrogati e picchiati. Se mi arrestassero perderei ogni contatto con la mia famiglia. Mia moglie desidera che torni così da morire insieme. Per lei è molto dura prendersi cura dei bambini. Più le settimane passano, più sopravvivere diventa un miracolo. Non c'è acqua per bere e a stento riescono a trovare del cibo. In certi giorni bevono l'acqua salata direttamente dal mare. Se si ammaleranno non potranno farsi curare, perché gli ospedali sono sovraccarichi di pazienti feriti e non sono posti sicuri.A causa dei costanti bombardamenti, a Gaza è diventata abitudine rendere le persone riconoscibili scrivendo i loro nomi sul corpo, in caso dovessero venire uccise: su una mano, un braccio, su una gamba o sul collo. Mia moglie e tre dei miei figli si sono scritti il nome addosso, ma con il più piccolo non c'è riuscita. È stato troppo doloroso.Cosa sarà delle nostre vite dopo che avranno finito di bombardare? Strade, ospedali, università e scuole sono state tutte distrutte. Non è giusto, io sono un bravo cittadino, lavoro, pago le tasse e tutto il resto. Devo avere i diritti basilari di ogni essere umano. Fermate questa sofferenza".


Nel bollettino odierno rilasciato daI Ministero della Sanità di Gaza il numero dei morti causati dall'aggressione israeliana è salito a 22.438 e 57.614 è quello dei feriti. Nelle ultime 24 ore le forze di occupazione hanno ucciso 125 persone ferendone 318.