Corriere Romagna  intervista  don Cristian Squadrani, referente diocesano per il seminario a Rimini. Il prelato volutamente non accenna minimamente alla soluzione che potrebbe arrivare dalla riammissione al ministero dei preti sposati.

La crisi delle vocazioni non risparmia la Diocesi di Rimini, confermando un fenomeno in corso da decenni, ma la soluzione non sarà attingere sacerdoti da altri continenti. Lo ribadisce don Cristian Squadrani, referente diocesano per il seminario.

Don Squadrani, nel Riminese si assiste a un crollo delle vocazioni sacerdotali?
«Il calo è in atto da tempo e si riscontra un po’ ovunque, ma d’altra parte si hanno anche controtendenze in zone o diocesi in cui 20-25 anni fa i numeri erano nulli o al massimo di una o due unità. Direi che il calo è ormai un dato assodato ma non si può dire che sia un “rischio di estinzione”. Nella fede è Dio che chiama e noi siamo osservatori e accompagnatori dei giovani che percepiscono desideri di vita che li fanno venire a bussare alla porta del seminario. I numeri piccoli, più che annunciarci il “disastro” imminente, ci stimolano a non dare per scontato questo dono di Dio e a rinvigorire la fede della sua premura che si tramuta in attenzione e cura della vita interiore dei giovani e del loro affacciarsi alle scelte di vita. Non siamo mai “reclutatori” ma osservatori stupiti e fiduciosi e cerchiamo di essere ascoltatori e accompagnatori discreti e sereni dei giovani e delle loro domande e desideri».

A quali cause è riconducibile questo decremento?
«Le motivazioni di tale situazione sono complesse e non saprei fornire un’analisi soddisfacente. Direi che la fatica a vivere proiettati al futuro, ad una vita con la “V” maiuscola, che inizia qui e permane in eterno, non aiuta a percepire ogni nostra scelta collegata a Dio ma d’altra parte il problema è anche dovuto ad una necessità della Chiesa di trovare un annuncio del Vangelo che apra sempre più l’orizzonte della vita degli uomini verso Dio».

Quali soluzioni prospettate?
«Oltre che stimolarci ad un annuncio più vicino alla vita di tutti, questo calo ci invita anche a pensare ad una Chiesa non troppo sorretta dalla sola presenza e numero dei preti. Tradotto? I preti sono e saranno aiutati dai laici (che in virtù del battesimo sono già “sacerdoti, re e profeti”) e dai diaconi. Rimini, ricordiamolo, ha una bella e folta comunità diaconale».

Non potreste attingere sacerdoti da altre realtà extra europee?
«Questa è una domanda più di pertinenza del vescovo, Nicolò Anselmi. Dal canto mio, posso solo dire che, come Chiesa riminese, in questi anni non ci siamo orientati su questa linea, perché guidati dal pensiero e dalla riflessione che la storia e la tradizione di una diocesi è un dato significativo per il vivere la missione sacerdotale in quel dato territorio. Quindi, al di là di alcuni casi in cui il Signore ha creato legami e incontri con confratelli provenienti da fuori diocesi o dall’estero, nell’ordinario tale orientamento non è stato preso».

I presunti scandali (dalla pedofilia al caso Orlando che Netflix ha riportato alla ribalta) a vostro parere, hanno inciso sul calo delle vocazioni?
«Sarebbe ingenuo pensare che gli avvenimenti e il pensiero comune che nasce da tali fattori non influisca sulla vita e sul pensiero delle persone. Tuttavia non saprei dirne la portata ed il peso».

Quando e in quale numero saranno ordinati nuovi sacerdoti?
«Le prossime ordinazioni avverranno non prima di 4-5 anni. I tre seminaristi presenti, infatti, sono ai primi anni di cammino: uno inizia il quinto anno, uno il terzo e l’ultimo comincerà il primo nelle prossime settimane. Provengono da parrocchie del comune di Rimini, sono entrati in seminario già da laureati e, in due casi, dopo esperienze di lavoro già avviate».


Fonte: Corriere Romagna