Anche nel 73° giorno dal 7 ottobre su Gaza si è abbattuta la vendetta dello Stato ebraico il cui bilancio, nel comunicato diffuso oggi dal portavoce del ministero della Sanità della Striscia, Ashraf Al-Qudra, è salito a 19.453 morti e ad oltre 52.286 feriti.

Lunedì, nuove vittime sono state registrate, per i bombardamenti dell'artiglieria nei quartieri di Al-Daraj e Al-Shuja'iya a Gaza City e per quelli dell'aviazione nel quartiere di Al-Amal, a ovest della città di Khan Yunis, nel sud della Striscia.

Il massacro di civili viene ipocritamente giustificato da Israele e dai Paesi occidentali come conseguenza della guerra contro Hamas. Il problema, però, è che Hamas continua a combattere in tutta la Striscia, compresa la parte nord che ormai è da considerarsi un cumulo di macerie, e a fare vittime nelle fila dell'esercito israeliano, che da parte sua conferma sì le perdite, ma non nel numero di quelle realmente subite, secondo quanto riferisce la resistenza palestinese, che le definisce molto più gravi.

E sempre in relazione alle attività di propaganda delle due parti in conflitto, lunedì l'ala militare di Hamas ha pubblicato su Telegram un video con i prigionieri israeliani più anziani detenuti a Gaza che chiedono il rilascio
 
Nel filmato, dove è ripreso insieme a due altre persone, il 79enne Haiem Bery, 79 anni, dice che i  prigionieri anziani hanno malattie croniche e vivono in condizioni molto dure, aggiungendo che non vogliono essere uccisi a causa degli attacchi aerei israeliani, non riuscendo a comprendere il perché siano stati abbandonati. Poi, Bery ha concluso il suo appello dicendo che i prigionieri vogliono esser liberati a qualunque costo, con il video che è terminato con i tre che, all’unisono, hanno detto: "Non lasciateci invecchiare qui".

Il video segue le dichiarazioni di Hamas che si dice favorevole ad uno scambio di prigionieri le cui condizioni siano concordate da Qatar ed Egitto, anche se colloqui in tal senso potranno tenersi solo se i bombardamenti cesseranno.

Un supporto al cessate il fuoco, per l'ennesima volta, cercherà di darlo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull'ennesima  risoluzione che stavolta chiede "una cessazione urgente e sostenibile delle ostilità per consentire un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli" a Gaza. La votazione dovrebbe tenersi intorno alle 23 ora italiana. In relazione ad altre votazioni, i rappresentanti dell'amministrazione Biden hanno sempre posto il veto o il proprio voto contrario.

E nulla di nuovo, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, dall'incontro odierno tra il segretario alla Difesa Usa e quello israeliano, Gallant. Austin, anche stavolta, ha ribadito il sostegno americano alla guerra di Israele, precisando che non ha posto alcuna condizione e scadenza.

Ma allora perché si è recato in Israele? Non è dato sapere, così come il perché definisca gli attacchi russi in Ucraina come crimini di guerra (ad esempio la distruzione di edifici residenziali a Kharkiv) e non faccia altrettanto con la distruzione ben più ampia in atto a Gaza.

Forse lo scopo della visita è il timore che il conflitto si estenda, tramite gli altri gruppi armati sostenuti dall'Iran, in Libano, in Siria e in Yemen.

Sul Libano, il ministro Gallant ha detto che non esiste un piano di invasione, ma che ci sono 72.000 rifugiati interni, riferendosi agli israeliani sfollati dalle loro case lungo il confine settentrionale, e vuole che possano tornare a casa, aggiungendo che Israele sta aspettando una soluzione diplomatica, ma che non può aspettare a lungo.

Sul fronte sud, si fa sempre più problematico - per le compagnie di navigazione - la rotta del Mar Rosso. Oggi, una nave norvegese stata colpita da un "corpo non meglio specificato", senza subire danni significativi. Non si sa bene che cosa l'abbia colpita, ma in compenso, è cresciuta la lista delle compagnie che hanno annunciato di aver sospeso il transito delle loro navi sul Mar Rosso, deviandone la rotta, temporaneamente, verso il Capo di Buona Speranza, all'estremità meridionale dell'Africa.

Via social, il portavoce degli Houthi ha però ribadito che  le rotte marittime nel Mar Rosso e nel Mar Arabico sono sicure e che "non c'è pericolo per le navi di nessun paese tranne che per quelle appartenenti a Israele o dirette nei suoi porti. In precedenza, erano stati rivendicati dal gruppo yemenita gli attacchi contro due navi commerciali, la Swan Atlantic e la MSC Clara.

Nell'incontro di lunedì con Austin, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito gli attacchi lanciati dagli Houthi una minaccia alla libertà di navigazione in tutto il mondo, mentre il segretario alla Difesa Usa ha affermato che Washington sta guidando una task force multinazionale per sostenere il principio fondamentale della libertà di navigazione".