Il termine Ladinia è utilizzato per indicare le cinque valli dolomitiche di Badia, Gardena, Fassa, Fodóm e Ampezzo, situate in Trentino, Sud-Tirolo e Veneto.

Pur non rappresentando attualmente un'unità amministrativa, il termine è utilizzato come retaggio di eventi storici e sociali comuni. Entro l'area della Ladinia si sono svolti eventi storici hanno condotto ad una coesione etnica e ad una coscienza territoriale maggiore e precoce rispetto ad altre aree di parlata ladina. Tra i fattori principali possiamo annoverare in primis la lingua ladina (lingaz ladin dolomitan), che ha sempre distinto quest'area dai territori tirolesi circostanti; l'appartenenza comune alla Contea del Tirolo, che ha portato la popolazione ad identificarsi di conseguenza come tirolesi oltreché ladini e a fare proprio il concetto di Heimat (termine tedesco che indica la terra natia)  e riconoscerla nel Tirolo. In ultimo, l'inclusione di tutte e cinque le vallate per un periodo di diversi secoli nella diocesi di Bressanone, sia come amministrazione religiosa che politica (Principato vescovile di Bressanone). Furono infatti i vescovi di Bressanone, istituendo nel 1603 il decanato Cis et ultra montes, a dare la possibilità alle valli Badia, Fassa e Fodom di essere amministrate da sacerdoti di lingua ladina. In secondo luogo questo permise ai sacerdoti ladini di entrare in contatto lungo il loro ministero con i dialetti ladini delle diverse vallate(il dialetto badioto-marebbano, diffuso in Val Badia; il gardenese, diffuso in Val Gardena; il fassano, diffuso in Val di Fassa; l'ampezzano, parlato a Cortina d'Ampezzo; il Fodom , parlato nel Livinallongo e il cadorino diffuso nel Cadore e nel Comelico) .

 Furono proprio sacerdoti i primi a riconoscere la specificità delle diverse parlate ladine, sia tra di loro sia rispetto alla lingua italiana: ad esempio Jan Batista Julian (1808),  Micurà de Rü (1833), Antone Trebo (1835) e Ujep Antone Vian (1864).

 L'origine del ladino nella sua componente non latina non è tuttora chiara; se a essa sia associabile un popolo (come quello dei Reti) è tuttora da determinare. Un'ulteriore questione riguarda invece la composizione etnica dei Reti; se essi fossero un popolo ben definito o piuttosto un insieme eterogeneo di popoli. La scoperta nel Sebasteion di Afrodisia in Turchia di un’iscrizione che menziona chiaramente un ethnos dei Reti, assieme ad altri popoli alpini, suggerirebbe un loro riconoscimento come popolo.

 La romanizzazione dell'arco alpino centrale fu nelle sue prime battute lenta e graduale. L’elevazione della città di Trento a municipium fra il 50 e il 40 a.C. conferma che già nel corso del I secolo a.C. l'avanzata romana si era insinuata ben oltre Verona, ma il controllo del valichi alpini richiese un'invasione militare. Tra il 35 a.C e il 7 a.C le tribù alpine tentarono di impedire l'accesso ai romani dei valichi alpini delle Alpi Retiche, essenziali per il controllo militare ed economico sull'Europa Centro-Orientale (da mezzo secolo i romani avevano già il controllo delle Alpi Occidentali e dell'Europa Occidentale). Nell'anno 15 a.C nella zona altoatesina di confluenza tra l'Adige e l'Isarco (Piana dell'Isarco) ci fu una sanguinosa battaglia tra genti delle alpi e romani, guidati da Druso. Il Tropaeum Alpium del 7 a.C situato a Nizza presenta una dedica ad Augusto con l'elenco dei popoli vinti sette anni prima da Druso, tra cui figurano i Reti.

 Durante i primi decenni dell'impero le aree alpine presentano una struttura amministrativa romana, che favorisce l'apprendimento della lingua latina. Le zone Centro-Settentrionali e Orientali rimangono invece di lingua germanica, slava e greca.

 Gli abitanti parlavano varietà linguistiche pre-indoeuropee (alcune già toccate da influssi celtici) quando è iniziata la romanizzazione. Nel III secolo d.C la latinizzazione appare come un fenomeno conchiuso.

 Grazie alle importanti vie di comunicazione tracciate nel territorio, la popolazione di lingua latina assorbì nella propria parlata elementi celtici come pure elementi di lingua retica, facente parte del gruppo non indeuropeo delle lingue tirreniche.

 Tali popoli, parlanti una forma ormai non più pura del latino, erano indicati dalle popolazioni di lingua tedesca, in seguito alla penetrazione di questi durante le invasioni barbariche, come Welsch (opponendoli a se stessi e ai Windisch, gli Slavi) ; mentre essi stessi si definivano latini (da cui il termine dialettale ladin). Il termine si diffuse a partire dal XVIII secolo anche negli ambienti tedeschi (Ladinisch) per designare le popolazioni in via di germanizzazione soggette al Tirolo.

 Il primo a studiare scientificamente tale insieme linguistico fu Graziadio Isaia Ascoli, il quale lo suddivise in tre categorie: le parlate grigionesi della Svizzera (circa 50.000 parlanti), le parlate dell'area Ladina Centrale ( circa 40.000 parlanti) e le parlate friulane ( circa 700.000 parlanti). Nessuno di questi 790.000 parlanti è oggi monoglottico: solitamente l'italiano ed il tedesco si accompagnano alla conoscenza del ladino. Nonostante non esista omogeneità linguistica come punto di arrivo, la condivisione di tratti dà modo di considerare queste tre aree un insieme geolinguistico a sé.

 L'assenza di una documentazione scritta antecedente il XVII secolo è dovuta alla carenza di ambienti di formazione linguistico-culturale, mentre nel 1600 fiorirono le arti figurative poiché venivano apprese nelle assai diffuse botteghe artigiane. Il documento scritto più antico che testimonia l'uso del ladino sellano è un proclama d'ordinanza del 1631 e si presenta in dialetto livinallese-badiotto, mentre il primo ad utilizzare il dialetto gardenese in ambito letterario fu il sacerdote Johann Angelus Perathoner, pubblicando la sua opera 'Nsegnament per la Soventù di 107 versi nel 1869. Altri importanti nomi della letteratura ladina sono Mathias Ploner, Jagmati Declara, Giosef Brunel, Angelo Trebo, Max Tosi, Frida Piazza, Leo Runggaldier, Luciano Jellici, Josef Kostner e Marco Forni.

 La lingua ladina è riconosciuta come lingua minoritaria in 51 comuni del Trentino-Alto Adige e del Veneto. L'area ufficialmente ladina conta circa 92.000 abitanti, ma non è possibile indicare con esattezza il numero dei parlanti la lingua ladina, dal momento che solo in Trentino-Alto Adige è prevista la dichiarazione di appartenenza linguistica in occasione del censimento decennale della popolazione. Solo in provincia di Bolzano il censimento rileva ai fini della proporzionale etnica.

 In provincia di Bolzano (Balsan/Bulsan) il ladino è lingua ufficialmente riconosciuta e la minoranza ladina viene tutelata con diverse norme riguardanti tra l'altro l'insegnamento nelle scuole pubbliche e la facoltà di usare il ladino nei rapporti orali e scritti con gli uffici della pubblica amministrazione, con esclusione delle forze armate e le forze di polizia. Infatti nelle scuole delle località ladine dell'Alto Adige la lingua ladina è lingua d'insegnamento assieme al tedesco e italiano. Per garantirne la rappresentanza politica, ai ladini è riservato un seggio in consiglio provinciale. La lingua e cultura ladina in ambito altoatesino vengono curate dall'Istituto ladino Micurà de Rü con sede centrale a San Martino in Badia e distaccata a Selva di Val Gardena. Inoltre la facoltà di scienze della formazione della Libera università di Bolzano possiede anche una sezione di lingua ladina con sede a Bressanone.

 In base all'articolo 102 dello Statuto d'autonomia del Trentino-Alto Adige la lingua e la cultura ladina sono tutelate anche nella provincia di Trento (Trent). Per garantirne la rappresentanza politica, anche ai ladini trentini è riservato un seggio in consiglio provinciale. La lingua e cultura ladina in Trentino vengono curate dall'Istituto Culturale Ladino Majon di Fascegn a Vigo di Fassa.

 Recentemente anche in Provincia di Belluno (Belun), grazie alla normativa sulle minoranze linguistiche storiche (legge 482/1999), sono stati riconosciuti ladini i comuni del Cadore, del Comelico, dell'Agordino, della Valle del Biois, dell'alta val Cordevole e della Val di Zoldo. Una efficace tutela delle minoranze linguistiche in provincia di Belluno da parte delle istituzioni è tuttavia ancora mancante. L'insegnamento nelle scuole ed un seggio di rappresentanza in consiglio regionale sarebbero possibili misure a tutela della lingua e cultura ladina.

 Per quanto riguarda i mass media più importanti in lingua ladina, la sede di Bolzano produce, sotto il marchio Rai Ladinia, programmi radiotelevisivi in lingua ladina, dedicati a tutto il territorio culturale. La Union Generela di Ladins dla Dolomites pubblica il settimanale "La Usc di Ladins", che contiene articoli in diversi dialetti ladini.

 Altri elementi culturali ladini sono la bandiera tricolore blu, bianca e verde, i cui colori rappresentano l'ecosistema della Ladinia (cielo, neve e boschi).

  
 L'inno ufficiale è chiamato Bel lingaz (bella lingua) ma una delle canzoni più rappresentative dell'identità ladina, paragonabile ad un inno nazionale, è tratta dalla poesia di Leo Runggaldier da Furdenan denominata "Gherdëina, Gherdëina" e scritta nel il 25 novembre 1940, in un momento di disperazione per se stesso e per le sorti della ladinità, mentre rischiava di essere deportato dai nazisti nel campo di concentramento di Dachau per non aver optato durante il periodo delle Opzioni in Alto Adige; esse furono il sistema scelto nel 1939, previo accordo tra Italia e Germania, per risolvere il contenzioso sull'Alto Adige e sulle altre isole linguistiche tedesche e ladine presenti in Italia. Alla popolazione di lingua tedesca, ladina, mochena e cimbra fu chiesto di scegliere se diventare cittadini tedeschi e conseguentemente trasferirsi nei territori del Terzo Reich o se rimanere cittadini italiani, integrandosi nella cultura italiana e rinunciando ad essere riconosciuti come minoranza linguistica.

Gherdëina, Gherdëina, Gardena, Gardena
d'or stiza ti monc, d'oro sfavillano i tuoi monti 
y luna y luna e splendono e splendono 
da un al auter dalonc. l'uno dall'altro lontani.
Gherdëina, Gherdëina,  Gardena, Gardena,
granda de dut l bën, grande di tutto il bene
ududa, uluda da ammirata, voluta da
nëus drë nsci gën. noi così tanto volentieri.
Gherdëina, Gherdëina, Gardena, Gardena
dl'oma si rujené  della mamma sei la lingua
rejona, rejona, parla, parla,
y no te l desmincë. e non te la dimenticare.



(Traduzione letterale di Vittoria Gabrielli)

  


Fonti:

  •  Introduzione alla lingua, alla letteratura e alla linguistica ladina sellana, Paolo di Giovine (2021-2022)
  • Storia di ladins
  •  https://www.micura.it/it/incontro/cultura-ladina/origini-del-ladino
  •  Storia della lingua in Union Generela di Ladins dla Dolomites
  •   SECOND REPORT SUBMITTED BY ITALY PURSUANT TO ARTICLE 25, PARAGRAPH 2 OF THE FRAMEWORK CONVENTION FOR THE PROTECTION OF NATIONAL MINORITIES (received on 14 May 2004), APPROPRIATELY IDENTIFIED TERRITORIAL AREAS Decisions adopted by provincial councils