“Siamo in cerca di personale da tempo ma non riusciamo a trovare nessuno!

Si può riassumere così il messaggio di “allarme” che arriva dagli imprenditori (per lo più del settore turistico), alle prese con la difficoltà di trovare personale da assumere.

“Giù le mascherine e su le saracinesche!” verrebbe finalmente da dire, in uno slancio di cauto ottimismo post-pandemico che ci fa vedere sempre vicina la luce splendente in fondo al tunnel.

I contagi diminuiscono e i reparti Covid chiudono, proprio quando la bella stagione è alle porte, lasciandoci in eredità la consapevolezza dei danni causati dalla corsa alle riaperture incontrollate di un anno fa e una campagna vaccinale che continua spedita, certamente due armi che non avevamo la scorsa estate, indispensabili per un definitivo ritorno alla normalità.

Tutto sembrerebbe quindi apparecchiato per dare finalmente respiro all’economia e in particolar modo al settore turistico, senza dubbio il più penalizzato dalla pandemia e che prima dell’emergenza sanitaria, secondo le stime di Banca d’Italia, generava il 13% del PIL nazionale (compreso quello indiretto).

Sembrerebbe, appunto, perché chi è riuscito a scongiurare la chiusura tra una cassa integrazione e un bonus governativo si ritrova adesso senza personale, impreparato ad affrontare la tanto agognata riapertura. Un vero e proprio paradosso, se si pensi a quanti posti di lavoro siano stati persi a causa della pandemia: secondo l’ISTAT il tasso di occupazione a febbraio 2021 è -4,1% rispetto a febbraio 2020, pari a -945.000 unità. Sempre secondo l’istituto il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni a febbraio era del 31,6% con un aumento di 2,6 punti su febbraio 2020 e un calo di 159.000 unità rispetto all’anno precedente.

Ma cosa sta succedendo realmente?

La caccia alle streghe di imprenditori, giornalisti e politici sembra aver trovato nella poca voglia di lavorare dei giovani e nel Reddito di Cittadinanza i principali artefici e nella maggior parte dei casi i due fattori si presentano in concomitanza.

Nato come politica attiva del lavoro a contrasto della povertà, il Reddito di Cittadinanza ha assunto sempre più le sembianze di una misura assistenziale che certamente combatte la povertà, senza però dare al mondo del lavoro quell’impulso previsto e promesso.

Sia ben chiaro che con questo sussidio non si diventa ricchi e far quadrare i conti per arrivare a fine mese resta uno sport necessario, ma se i giovani oggi preferiscono percepire 200 euro (cifra simbolica) anziché andare a lavorare è necessario porsi qualche domanda anziché puntare subito il dito, come la rabbia e la cattiva cultura ci spingono molto spesso a fare.

In effetti il Reddito di Cittadinanza qualche “colpa” ce l’ha, una su tutte quella di aver creato un salvagente: una soglia minima dalla quale adesso non si può più scendere. Per tanto (troppo) tempo dietro la parola “gavetta” tantissimi imprenditori hanno nascosto salari ridicoli, orari di lavoro interminabili e ovviamente forme contrattuali delle più fantasiose, per non dire inesistenti, e tutto andava bene. Fino ad oggi. Fino a quando finalmente possiamo rifiutare tali condizioni senza il rischio di morire di fame.

Con la stagione estiva ormai in partenza si continuerà a parlare di ciò e speriamo che non si smetta, perché questa dei giovani (e non solo) lavoratori stagionali è solo la punta di un iceberg chiamato “mercato del lavoro” sul quale si rischia di schiantarsi con non poche conseguenze.

Una vera riforma del mercato del lavoro è necessaria oggi più che mai, non come mera tradizione del governo di turno appena insediato (ben quattro riforme negli ultimi sette anni!) ma come riforma strutturale che parta dalla tassazione del lavoro – inammissibile dover pagare quasi il 40% di retribuzione in più se si vuole assumere – fino alla all’eliminazione di forme contrattuali che sembrano uscite dalla penna di Tolkien e zone grigie nella legislazione che consentono alle imprese di reperire costantemente mano d’opera senza in pratica dover assumere davvero.

Facile dunque dire che i giovani di oggi non abbiano voglia di lavorare mancandoci di rispetto, quel rispetto che finalmente ci stiamo riprendendo a suon di no!