Scrivo questo articolo, come spunto di riflessione per cercare di rispondere al perché la Chiesa Russa Ortodossa sembri non prendere una posizione precisa contro la guerra, mostrando apparentemente il suo lato nazionalista. 

Preciso che non ho pretese di insegnare alcunché, né di indicare la verità. Sono solo una persone cresciuta all'estero e che ha vissuto anche in estremo oriente, in realtà culturalmente molto distanti dalla nostra.  Questa esperienza e l'amore per la filosofia socratica, mi hanno insegnato a non aver più certezze su nulla. Come ho già avuto modo di dire, non c'è nulla di più falso e pericoloso che cercare di ricorrere alla semplificazione per spiegare una complessità che ci sfugge e che la nostra breve vita non ci consente di afferrare veramente. Potrei sbagliarmi su quasi tutto e anche qualora dicessi qualcosa che somigli alla verità, anzi al verosimile, lo faccio ricorrendo aimé alla classica generalizzazione del tipo, i russi la pensano così, la chiesa ortodosso la pensa colà ecc.. Stiamo vigili su questo, perché le avvisaglie dei danni che la semplificazione e la mistificazione storica possono causare sono a lungo termine foriere di nuove guerre peggiori delle precedenti.

Pensiamo alla recente, e se vogliamo innocua, campagna di denigrazione (per fortuna smorzata, per tempo) su Dostoevskij solo perché russo, in un momento in cui la sola parola (e per ragioni di rabbia anche comprensibili) provoca prurito. Ma nelle menti più semplici, o più semplicemente in coloro che non hanno mai letto Dostoevskij, questa censura equivale a considerare lo scrittore come un pericoloso putiniano. In realtà, basta leggere L'idiota o Fratelli Karamazov, per realizzare che Dostoevskij dipinse, nel XIX secolo, tutti i mali che affliggevano, e affliggono ancora oggi, la società  e la  sua classe dominate.  Poiché morì 10 anni dopo la Battaglia di Sedan (1871),  arrivò a prevedere che gli odi e le rivendicazione non risolte con Sedan, avrebbero scatenato un'altra grande guerra (la Prima guerra mondiale appunto).   

Ho fatto questa lunga premessa per non essere accusato, dai soliti faziosi, di voler dare lezioni o di possedere la verità in tasca. 

Vengo al punto.

L'ambiguità della chiesa ortodossa russa, secondo il mio modestissimo parere, trae origine dalle  ceneri dell'ex URSS, periodo nel quale aveva pagato un prezzo altissimo in termini di repressione, perché comunque accusata di aver sorretto il plurisecolare impero zarista e di aver corrotto le menti del popolo.

E qui entra in scena Putin. Già nel 2000, mette nella sua agenda "politica" la restaurazione della Santa Chiesa russa, secondo lui madre di tutte le chiese. Non dimentichiamo che Mosca si è sempre considerata come la capitale di tutte le virtù e da sempre (come ricordato da Cacciari) veniva considerata la terza Roma, dopo Roma stessa e Costantinopoli. Putin in questo quadro, afferma di voler tenacemente ricostruire il binomio indissolubile Stato/Chiesa. Compie, cioè, quell'impossibile capriola di ibridismo ideologico che renderebbe altrimenti impossibile conciliare l'ideologia sovietica dello Stato (che è stata a lui inculcata negli anni del KGB), con la chiesa degli Zar.

Diciamolo, è riuscito in una bestemmia ideologica che avrebbe fatto impallidire qualsiasi suo ex commilitone del KGB e persino Stalin. Il messaggio è stato chiaro fin dall'inizio, la chiesa e lo stato sono la Russia, Guai a chi li mette in discussione. Lo dimostra l'episodio del 21 febbraio 2012, in cui le Pussy Riot, nell'ambito di una protesta contro la rielezione di Vladimir Putin, si introdussero nella Cattedrale di Cristo Salvatore, tempio della Chiesa ortodossa russa a Mosca. sappiamo come, assieme a molti altri, finì. 

Dato che Putin è un fino e cinico stratega, questo connubio aveva in realtà lo scopo di saldare lo Stato, in termini di consenso, con la sua popolazione, dispersa su un territorio di milioni di km2, che dalla Bielorussia, e da domani lui spera anche dall'Ucraina, arriva fino alle terre estreme del Kamchatka . Senza questa emanazione territoriale (La chiesa appunto), gli sarebbe stato impossibile attuare quel controllo psicologico e ideologico delle masse, senza rischiare continue crisi interne. La chiesa come megafono propagandistico fin nei micro villaggi delle steppe russe. E' stato geniale. Promettendo ai capi della Chiesa (e qui semplifico e mi scusa fino all'imperdonabile) protezione dello stato da qualsiasi tentazione rivoluzionaria nel paese e al tempo stesso garantendo prosperità economica, ha chiesto loro in cambio, il controllo, l'addolcimento e l'indottrinamento  settimanale del gregge (il popolo russo) a questa nuova dottrina nazionalista dello stato, fatta passare molto subdolamente nelle coscienze, come imperativo morale della Santa Madre Russia.. E ha funzionato per vent'anni. Capite il veleno che si è gradualmente insinuato nel paese dove, gradualmente, sono venuti a confondersi i valori della fede spirituale con la sottomissione al potere e all'ingiunzione sociale. Poi, come sottolineato da un fine analista, c'è anche la rappresentazione filogenetica della chiesa ortodossa secondo lo schema mitico della sua nascita battesimale  sul fiume Nepro  ad opera del principe Vladimir I di Kiev nel 988 guarda caso in Ucraina. Ed ecco spiegato perché il patriarcato Russo è così innervato nel nazionalismo russo, forse da sempre (tolta  la parentesi URSS). E questo spiega anche il risentimento del patriarcato di Mosca nei confronti della chiesa ortodossa ucraina che se ne è staccata con proprie ambizioni endocefale. 

Anna Politkovskaja parlava già nei suoi libri e articoli di questa specie di quiescenza intellettuale e torpore sociale dei russi. E non perché i russi siano cattivi o stupidi, come si abbozza spesso per semplificazione (semmai molto ingenui), ma perché sono sempre stati profondamente religiosi e chi ha le chiavi del potere lo sa e lo ha sempre saputo, usando la loro buona fede per narcotizzarli progressivamente, quasi senza che ne se accorgessero. Questa commistione tra sacralità della Chiesa e la  fede nazionalista che si sono confuse l'una nell'altra, si è insinuata in chiave narcotica nelle coscienze, ha indebolito nel popolo russo qualsiasi aspirazione di tipo liberale e individualistica. Questo è il male che li affligge ,secondo me, oggi. Dovremmo avere pazienza, dato che qualche segnale sembra persino manifestarsi nell'opinione pubblica sulla guerra in ucraina, ma la lentezza con cui l'emancipazione avanza non sta al passo con le crisi epocali sempre più gravi e sempre più ravvicinate. A rendere questo processo forse impossibile, è il giro di vite della censura, ferocemente in atto dal 2010.

Putin passerà alla storia anche come l'unico sovrano russo geneticamente modificato. Un ibrido capace di rifondare l'ex impero sovietico sul piano geografico e l'Impero zarista sul piano della  configurazione dello stato. Insomma, sempre stilizzando, la bandiera rossa in una mano e lo scettro degli Zar nell'altra. Semplicemente incredibile. E' una mia opinione e, ovviamente, non può essere tutta la verità. Così come non tutta la Chiesa ortodossa (soprattutto nelle gerarchie minori) è schierata con Putin. 

Anna Politkovskaja, nel suo libro la Russia di Putin, afferma verso le ultime pagine, che il cambiamento spetta ai russi e a loro soltanto ma che, visto lo stato del loro torpore sociale e letargia esistenziale, dubitava (e lo diceva nel 2005) che ciò potesse avvenire presto. 

Infatti, ancora oggi, siamo qui a chiederci perché i russi non abbiano ancora scatenato un nuovo ottobre '17.