E' morto Muhammad Ali, la leggenda del pugilato, "The Greatest" come egli stesso si definì, lo "Sportivo del Secolo" secondo Sports Illustrated. Vincitore di tre titoli mondiali nel 1964, nel 1974 e nel 1978, sarà ricordato anche per la sua conversione all'Islam sotto la guida del suo mentore Malcolm X, per il rifiuto di combattere in Vietnam, per le sue iniziative umanitarie e per la sua capacità di gestire in prima persona la sua presenza mediatica.
Ricoverato giovedì scorso in una clinica di Phoenix, in Arizona, per problemi respiratori aggravati dal morbo di Parkinson che lo colpì agli inizi degli anni 80, Muhammad Ali è morto nella serata di venerdì, all'età di 74 anni, circondato dai suoi familiari, accorsi al suo capezzale dopo essere stati informati della gravità delle sue condizioni. I funerali si terranno a Louisville, in Kentucky, sua città natale, che oggi, per ordine del sindaco, ha esposto le bandiere a mezz'asta
Molte le dichiarazioni di sportivi e non addolorati per la morte del grande campione. Don King, il promoter di molti degli incontri che videro protagonista Ali, ha detto che, come per Martin Luther King, sarà il suo spirito a sopravvivere. L'ex presidente Bill Clinton lo ha definito coraggioso sul ring, una guida per i giovani, disponibile con chi aveva bisogno e forte nell'affrontare i suoi problemi di salute. George Foreman, suo avversario nel famoso incontro di Kinshasa, "Rumble in the Jungle" come fu allora battezzato, ha scritto che lui, Ali e Frazier erano una persona sola e che è come se una parte di lui se ne fosse andata.
Nato nel sud segregazionista degli Stati Uniti, il 17 gennaio 1942 come Cassius Marcellus Clay Jr., Ali cominciò a praticare il pugilato da giovanissimo. Si racconta che all'età di 12 anni, quando gli fu rubata la bicicletta che il padre gli aveva appena regalato, abbia detto ad un poliziotto, Joe Martin, che avrebbe voluto picchiare il ladro, se fosse riuscito a trovarlo. "Prima devi imparare a batterti", fu la risposta.
Da lì inizio una carriera costellata da una serie di vittorie, che lo portarono nel 1960 alla conquista del titolo olimpico dei medio-massimi alle Olimpiadi di Roma, battendo in finale il polacco Pietryzkowski.
Passato al professionismo in quello stesso anno, Muhammad Ali, allora ancora Cassius Clay, vinse 19 incontri consecutivi, 15 per KO. Acquisì così il diritto di sfidare per il titolo dei massimi l'allora campione del mondo Sonny Liston. L'incontro si tenne a Miami, il 25 febbraio del 1964 e Clay vinse per KO tecnico, grazie all'abbandono di Liston al settimo round, diventando così il più giovane detentore del titolo di tutti i tempi, spodestato solo anni dopo da Mike Tyson.
A poca distanza dalla vittoria del titolo mondiale, fu ufficializzato il suo ingresso nella Nation of Islam (NOI) di Elijah Muhammad, in quelli che allora erano chiamati anche Musulmani Neri, un movimento afroamericano che mirava a migliorare le condizioni economiche e culturali dei neri d'America, attraverso un ritorno alle tradizioni religiose dei loro paesi d'origine. Fu in quel periodo che Cassius Clay cambiò il suo nome, che egli stesso definì un nome da schiavo, in quello di Muhammad Ali.
Nel 1967 Ali rifiutò l'arruolamento nell'esercito per combattere in Vietnam, dichiarandosi obiettore di coscienza. "Io non ho nessun conto in sospeso con i Vietcong. Nessuno di loro mi ha mai chiamato negro", fu una delle sue dichiarazioni. Fu arrestato il 28 aprile di quell'anno e nello stesso giorno il Comitato Atletico dello stato di New York gli revocò la licenza di pugile e lo privò del titolo, come fecero poco dopo altri comitati pugilistici. Impossibilitato ad ottenere una licenza, Ali fu costretto a rimanere fermo per tre anni e mezzo.
Al primo processo, tenutosi il 20 giugno 1967 e conclusosi nel giro di 20 minuti, fu riconosciuto colpevole, ma la successiva Corte d'appello sospese la sentenza e rinviò il tutto alla Corte Suprema, che nel 1971 la annullò definitivamente, motivando la sua decisione con il fatto che non erano state prodotte motivazioni valide per aver rifiutato ad Ali il diritto all'esenzione in qualità di obiettore di coscienza.
Tornato sul ring, dopo una serie di vittorie, fra cui in particolare una contro Joe Frazier, acquisì il diritto di combattere nuovamente per il titolo contro George Foreman. L'incontro si tenne il 30 ottobre 1974 a Kinshasa, nello Zaire, una decisione dal forte richiamo mediatico, al quale contribuirono anche le frequenti dichiarazioni di Ali a stampa e televisioni. Foreman fu sconfitto per KO all'ottavo round, atterrato da una combinazione del suo avversario, che per tutto l'incontro lo aveva deriso e stancato, rimanendo sulla difensiva.
L'anno successivo, Muhammad Ali accettò di incontrare per la terza volta Joe Frazier, in un incontro che si tenne a Manila, il primo di ottobre, e che lo vide vincitore per KO tecnico all'inizio del quindicesimo round, quando il secondo di Frazier gettò la spugna resosi conto che il suo pugile aveva gli occhi così gonfi da essere praticamente cieco.
Nel febbraio 1978, Ali perse il titolo ad opera di Leon Spinks, per riconquistarlo ancora, per la terza volta, nel settembre dello stesso anno nella rivincita con Spinks, a trentasei anni compiuti.
Nel 1979 annunciò il suo ritiro dal pugilato, salvo poi ritentare la riconquista del titolo per la quarta volta in un incontro con Larry Holmes a Las Vegas nel 1980, quando già cominciava ad avere i primi problemi di salute. Fu sconfitto per KO tecnico alla decima ripresa.
Nel 1984 gli fu diagnosticato il morbo di Parkinson, da attribuire probabilmente anche alla sua carriera di pugile, considerata soprattutto anche la giovane età in cui si è manifestato. Ali aveva appena 42 anni.
Nonostante la malattia, Muhammad Ali è rimasto ancora per lungo tempo un personaggio pubblico, ha continuato a battersi per i diritti civili e si è impegnato in attività umanitarie. Lo ricordiamo ancora quando, nonostante la mano tremante, accese la fiamma olimpica alle olimpiadi di Atlanta del 1996.