A seguito dell’udienza del 27 marzo presso il tribunale di Ragusa, la Corte ha disposto la sospensione del fermo amministrativo della nave Sea-Watch 5 riconoscendo come non vi sia stato, da parte della nave ONG, alcun illecito.Il Giudice ha preso in analisi le prove presentate da Sea-Watch concentrandosi sull’accusa mossa dalle autorità italiane secondo cui la nave avrebbe disatteso le indicazioni della motovedetta Fezzan della cosiddetta guardia costiera libica. A sostegno di questa accusa, l’Avvocatura di Stato ha sostenuto di avere ricevuto prove documentali da parte di Frontex. Tali prove, tuttavia, non sono state presentate alla Corte da parte dell’Avvocatura lasciando le accuse prive di alcun fondamento.Secondo quanto ricostruito dal Giudice in questa fase preliminare del procedimento, la Sea-Watch 5 non può quindi essere accusata di avere ignorato le indicazioni ricevute. La presenza della nave, viene inoltre riconosciuto, non ha creato situazioni di pericolo.La decisione della Corte di Ragusa mostra nuovamente l’inesistenza delle accuse che vengono di volta in volta rivolte alle navi ONG con l’unico scopo di bloccarle in porto. Il provvedimento va a sommarsi a quelli analoghi adottati dalle corti di Brindisi rispetto alla nave Ocean Viking e di Crotone rispetto alla nave Humanity 1.La legge Piantedosi che, in violazioni a norme ed obblighi imposti dal diritto internazionale, criminalizza l’operato delle navi delle organizzazioni non governative con accuse strumentali, sta venendo pian piano demolita dalla magistratura. Ma mentre i giudici italiani sono costretti a riparare, di provvedimento in provvedimento, i danni creati da questa legge, le navi rimangono bloccate in porto e in mare si continua a morire.Mentre la Sea-Watch 5 è rimasta bloccata per venti giorni nel porto di Siracusa, nel Mediterraneo Centrale – stando ai dati IOMsono scomparse 145 persone. Solo nell’ultima settimana due neonati risultano dispersi a seguito dei naufragi al largo di Lampedusa. Di fronte a questa continua strage, invece di riempire il mare di navi di soccorso, il Governo italiano sceglie di bloccarle in porto. Chi pagherà per queste morti? (comunicato Sea-Watch.org)

La decisione del giudice Giovanni Giampiccolo, simile a quelle prese a Brindisi e Crotone, pur arrivando alla vigilia della scadenza del fermo della Sea-Watch, finisce per dare ulteriore supporto ad una giurisprudenza che ogni volta finisce per disapplicare i contenuti del decreto del gennaio 2023 voluto da Piantedosi, screditando anche le autorità che firmano gli atti di fermo sulla base di ricostruzioni dubbie e spesso prive di prove documentali.

Nel caso della Sea-Watch 5, si tratta della squadra mobile di Ragusa, della capitaneria di porto di Pozzallo e della guardia di Finanza dello stesso comune siciliano, che hanno dichiarato che durante le operazioni del 6 marzo, la nave della ong non aveva seguito le indicazioni del centro per il soccorso marittimo competente per l’area, quello di Tripoli, e che le modalità di salvataggio non avevano rispettato le indicazioni di tale autorità. Inoltre, poiché non si è coordinata con il pattugliatore libico Fezzan, la Sea-Watch 5 avrebbe "contribuito a creare situazioni di pericolo durante le operazioni Sar" e la sua presenza avrebbe costretto la motovedetta a mantenere "le distanze per evitare di generare disordini con il rischio che i migranti si gettassero in mare".

Ma, come riportato nel comunicato, su che basi documentali poggiasse tale ricostruzione, non è dato sapere, visto che l'Avvocasdtura dello Stato non ha prodotto alcun documento in merito.

Come se se non bastasse, l’ordinanza sottolinea anche l’assurdità delle accuse rivolte all’Ong, dove da un lato le si contesta di aver creato un pericolo per le modalità di soccorso, dall’altro si afferma che a causa della presenza della nave, la motovedetta di Tripoli aveva dovuto mantenere le distanze per evitare di creare pericoli. Quindi, deduce il giudice, non possono essere sorti dei rischi e non si può applicare la lettera f del decreto che punisce tali comportamenti.

Il salvataggio che ha portato al fermo della Sea-Watch 5 è stato particolarmente tragico perché tra le 56 persone portate a bordo della nave umanitaria, cinque erano in condizioni di salute considerate gravi. Uno di loro, un ragazzo di 17 anni, è morto due ore dopo la prima richiesta di evacuazione medica d’urgenza avanzata dal ponte di comando a tutte le autorità marittime competenti. 



Crediti immagine: Sea-Watch 5