Tra una pausa e l'altra che caratterizza i tempi morti tra i comizi, le dichiarazioni e i nuovi annunci da parte di Renzi, i media si dilettano nel fornire anticipazioni sui futuri scenari politici, soprattutto in relazione al governo, nell'Italia del dopo voto.

Scenari, va da sé, che cambiano in funzione dell'esito del voto. Però, in molti, sembrano dare per scontato non solo una variazione che "ufficialmente" sostenga l'attuale maggiornaza di Governo, ma anche un nuovo Governo formato, secondo alcuni, per rafforzare la destra, secondo altri per rafforzare la sinistra.

È ormai una gara a chi la spara più grossa. E per dar credibilità alle ipotesi che ormai hanno già delineato quasi tutte le possibilità politiche e amministrative possibili e immaginabili, ognuno supporta la propria tesi con le immancabili voci di corridoio, con indiscrezioni vicine al premier e dichiarazioni simili.

Per dare un'idea della situazione, secondo alcuni Renzi si dimetterà prima del voto, secondo altri si dimetterà comunque anche nel caso vincesse il Sì, per creare poi un Governo con nuovi ministri e soddisfare i desideri di nuove forze politiche per allargare così la propria maggioranza.

Scenari nati, naturalmente, dal ricatto di Renzi di legare il Sì al referendum all'esistenza del suo Governo. Se non votate la riforma costituzionale, vado a casa.
Dichiarazione ritrattata e poi ripresa, successivamente smentita ed ancora ripresa... e tutto questo in base alle convenienze del momento ed in base all'andamento dei sondaggi, a dimostrazione di quanto possa interessare la Cosa Pubblica a Renzi, in realtà subordinata unicamente alle sue esigenze di potere.

Le sue scelte e le sue dichiarazioni, oltre all'insensatezza della riforma costituzionale da lui voluta, hanno creato una situazione di totale instabilità politica e finanziaria che, comunque, al di là dell'esito del voto, danneggerà lo stato dei conti del paese come dimostrano i 130 punti di differenza dei titoli decennali del debito pubblico italiano rispetto a quelli analoghi del debito francese o i 50 punti di differenza con quelli del debito spagnolo.