La trattativa per formare il nuovo governo procede. Da Roma, vai a capire perché, leghisti e pentastellati che discutono sul "contratto di programma" si sono trasferiti a Milano, al Pirellone, insieme ai rispettivi leader, Salvini e Di Maio.

Per Salvini, i punti per andare a governare si riassumono in questi temi: cancellare la legge Fornero, tagliare tasse e burocrazia, ridurre gli sbarchi e aumentare le espulsioni, ridare dignità al lavoro, tagliare sprechi e privilegi, difendere l’Italia in Europa, riconoscere Autonomia alle comunità locali, chiudere le liti fra cittadini ed Equitalia, aiutare (davvero!) i disabili, garantire il diritto alla legittima difesa.

E su 10 punti, tanti quanti quelli sopra riportati, le due forze politiche avrebbero già trovato un accordo, come fanno sapere le agenzie. Ma il contratto dovrebbe comprendere una ventina di argomenti e tra questi, secondo quanto riportato dall'Ansa e appreso da fonti leghiste, vi sarebbe anche la vendita dell'Ilva.


In attesa di sapere qualcosa di più concreto su contenuti del programma e nomi che dovrebbero far parte della squadra di governo, sono interessanti da riportare alcuni passaggi del discorso tenuto nella sala Consiliare del Palazzo Municipale di Dogliani da Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione dei settant'anni dal giuramento e dall'entrata in carica di Luigi Einaudi come presidente della Repubblica.

Ricordando gli avvenimenti di quel periodo, Mattarella, dimenticandosi del distacco dimostrato in passato nel rapportarsi alle vicende politiche del Paese, in questa occasione ha fatto riferimento ad argomenti che non possono non essere interpretati anche in funzione della formazione della crisi istituzionale attuale...

In pratica Mattarella ha parlato a nuora perché suocera intenda.

Qui è possibile leggere in toto il suo discorso, ma vale la pena sottolineare questo passaggio che sembra ritagliato e cucito su misura per un tale supposto statista toscano e per i suoi accesi sostenitori: «... la divaricazione tra le forze politiche chiamate a guidare il Paese e le forze politiche alle quali era assegnato il ruolo di opposizione non si tradusse mai in una democrazia dissociativa che avrebbe reso la Repubblica fragile e debole.»