Spagna nuovamente alle urne oggi per le elezioni politiche, dopo solo sei mesi, nella speranza di riuscire a venir fuori dalla situazione di stallo creatasi con il voto del dicembre scorso.

Tuttavia i sondaggi non lasciano ben sperare e, probabilmente, anche questa volta nessun partito otterrà il numero di seggi (176 su 350) necessario per avere la maggioranza in parlamento.

A dicembre il Partito Popolare di Mariano Rajoy risultò primo, seguito dai socialisti del PSOE di Pedro Sánchez. Terzo fu Podemos di Pablo Iglesias, che rappresenta la sinistra radicale, e quarti i centristi di Ciudadanos, guidato da Albert Rivera.

La novità di questa tornata elettorale è l'alleanza fra Podemos e Izquierda Unida (formazione comprendente anche il partito comunista spagnolo), che si presentano alle urne come Unidos Podemos. Una mossa che, stando ai sondaggi, potrebbe garantire loro il sorpasso sul PSOE e, quindi, il secondo posto.

E' probabile che sul voto degli spagnoli incida anche il risultato del referendum britannico. Difficile prevedere in quale direzione. Da una parte potrebbe aver spaventato gli elettori, indirizzandoli verso chi promette maggiore stabilità e, quindi, spingendoli a votare per i popolari di Rajoy. Dall'altra la Brexit potrebbe aver dimostrato che cambiare è possibile e favorire i due nuovi partiti, Podemos e Ciudadanos, che hanno sovvertito la scena politica spagnola, dominata per decenni da popolari e socialisti.

La campagna elettorale è stata particolarmente dura. Più che una campagna per è stata una campagna contro, in cui ogni partito si è preoccupato soprattutto di attaccare i partiti rivali, invece di illustrare i suoi programmi.

Nelle ultime ore il primo ministro uscente Mariano Rajoy ha messo l'accento sulla sicurezza, soprattutto ora che l'UE può precipitare nel caos dopo l'uscita della Gran Bretagna, ed ha invitato tutti i moderati a votare per il Partito Popolare. Rajoy ha detto di voler creare due milioni di nuovi posti di lavoro, cosa che porterebbe ad un aumento del gettito fiscale e ad un eventuale riduzione della tassa sul reddito del 2,5%. Ipotesi difficilmente realizzabile in un paese come la Spagna, dove il debito supera il 100% del prodotto interno lordo e i disoccupati sono più di quattro milioni.

Difficile che possa essere mantenuta anche la promessa fatta da Pablo Iglesias di Podemos, che ha detto di voler aumentare di 60 miliardi di euro il budget per le politiche sociali ed abolire l'ultima riforma del lavoro.

Anche Sánchez del PSOE ha posto l'accento sull'welfare, ricordando che è stato il suo partito a creare lo stato sociale in Spagna e invitando gli indecisi a pensare ai pensionati, ai disoccupati, a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese, e votare, quindi, socialista.

E' probabile che anche questa volta non sia possibile formare un governo se non attraverso una coalizione. Restano, tuttavia, forse ancora più accentuate, le difficoltà riscontrate nei mesi scorsi. Pedro Sánchez ha escluso la possibilità che il PSOE partecipi ad un governo guidato da Rajoy o da Pablo Iglesias. Si prevedono ancora mesi di trattative e molti analisti politici ritengono inevitabile una nuova consultazione elettorale a breve.