Nella mia esperienza di cura rimango quotidianamente e straordinariamente colpito dalle meravigliose e impalpabili sfumature che l'anima e la mente riescono a dipingere nelle loro più intime espressioni. Colori inesistenti in natura in grado però di rendere perfettamente nitida la densità delle più diverse manifestazioni emotive e patologiche dell'essere umano.

Mi capita spesso, di fronte a un indicibile dolore o una gioia incontenibile delle persone che quotidianamente incontro nella mia attività di cura e non solo, di sentirmi trasportato in un mondo sommerso nel quale tecnica e diagnosi scompaiono, facendosi sempre più piccoli e modesti di fronte alla portata e alla maestosità del silenzio che proviene da cuore, denso di lettere non dette, modellato di cura e prossimità umana.

In quell'atmosfera quasi ovattata, seppur popolata da incredibili significati e agiti talvolta spaventosi se non incomprensibili agli occhi di chi guarda il mondo senza intimo ascolto , sento il mio corpo, così inteso come fatto di membra sfiorabili al tatto, scomparire dalla stanza, per lasciar posto a qualcosa di più prezioso, in grado di aleggiare negli angoli più bui della tragica sofferenza o cogliere la gioia in chi non ha occhi per sorridere e voce per gridarla.

In quegli attimi, la deriva sociale classificatoria e organicistica che ci vede, più o meno tutti, piccoli amanuensi maniaci della diagnostica, appare all'orizzonte in tutta la sua povertà e insensatezza di fronte a qualcosa di insondabile e irripetibile come l'interiorità umana. 

L'ossessione per la cura immediata, come predicano alcuni nomi di farmaci che inserendo le parole act o fast ci inondano di illusoria speranza che tutto possa risolversi in un momento e che tutto sia riducibile a una reazione fra cellule e un composto in grado di ripristinare lo stato di benessere in poco più di mezz'ora, ci rende totalmente estranei a una dimensione della cura ben più profonda e sottile, fatta di attese talvolta drammatiche e enigmi estenuanti in tutta la loro complessità e impossibilitò di risoluzione.

Ci illudono di poter fare a meno dell'attesa e di un aspetto della vita che nel delirio di onnipotenza dell'era della tecnica vogliamo negare, il tempo. Laddove incontriamo la straordinaria e spaventosa giungla delle passioni umane diventa superfluo, se non ai fini di un puro esercizio autocelebrativo, ingaggiare una lotta personale con una definizione da attribuire a ciò che accade nell'altro diverso da sé.

Occorre piuttosto immergersi dapprima in quell'intimo disordine per coglierne le essenze fenomenologiche, farsi accarezzare e talvolta trafiggere da quel moto di vita custodita fra mura sofferte, e dopo, infine, solo e soltanto in un secondo o terzo momento, mettere al servizio di quella forma così meravigliosa di ascolto partecipato la diagnosi e la chimica quali strumenti a tratti essenziali e necessari per alcune fragilità.

Questo straordinario percorso non può che rendere ancor più magico ciò che tutti i giorni svolgiamo con cura e fascino, non può che spingerci quotidianamente a ricercare in ogni espressività la sua magia, non può che riempirci gli occhi di meraviglia anche di fronte alle follie più laceranti nella loro manifestazione, non può che colorare il nostro mondo di significati fino a quel momento oscuri in grado di arricchire in ogni istante le stanze dei nostri pensieri, nelle quali entrare per dare la parola giusta al nostro cuore.