Per due anni siamo stati bombardati da una propaganda esaltata che ci ha raccontato di una Italia locomotiva d’Europa, di performance economiche straordinarie, di livelli occupazionali record, di successi internazionali etc. etc.
Rassicurati da così tanti messaggi positivi, pur se lievi ed effimeri come bolle di sapone, molti hanno finito per sottovalutare quello che rivelava loro la realtà quotidiana: povertà in crescita anche presso ceti sociali da sempre immuni, giovani scoraggiati alla ricerca di un lavoro, servizio sanitario nazionale meno fruibile, diffusa angoscia per il domani precario, disinteresse per la politica etc. etc.
Poi, però, improvvisamente da parte di CENSIS ed ISTAT sono arrivati i trilli della sveglia che nel giro di poche ore hanno scrollati molti da quel letargo in cui erano caduti senza rendersene conto.
Il rapporto Censis propone, come sempre, una attenta, minuziosa e soprattutto oggettiva fotografia dei fenomeni socio-economici del nostro Paese.
Ogni sua pagina meriterebbe una lettura approfondita ed una meditata riflessione sulle suggestioni che vi si incontrano grazie ai molti dati ed alle misurate considerazioni.
Queste righe sono l’incipit del rapporto 2024: “Se a prima vista il 2024 potrebbe essere ricordato come l’anno dei record (record degli occupati, ma anche il record della denatalità, del debito pubblico e dell’astensionismo elettorale), un’analisi approfondita ci consegna una immagine più aderente alla reale situazione sociale del Paese. La sindrome italiana è la continuità nella medietà, in cui restiamo intrappolati. Il Paese si muove intorno ad una linea di galleggiamento.”
Sarebbe sufficiente la sintesi espressa con le parole medietà e galleggiamento per sgonfiare le spocchiose bolle con cui fratellastri e sorellastre d’Italia tentano di turlupinare gli italiani.
Ma, dopo poche ore anche ISTAT è intervenuto per comunicare al governo che il PIL 2024 sarebbe risultato del 50% inferiore alla previsione dell’1% incautamente ipotizzata.
A questo punto è inevitabile domandarsi: ma non è che lady Meloni ricorra a così tante bolle per imbrogliare le carte e nascondere il fallimento di due anni del suo governo?
Il sospetto, legittimo, nasce da questa banale considerazione.
Nel 2021, con i primi mesi ancora segnati dagli strascichi della pandemia, il PIL è stato del 4,7% con 22,8 milioni di occupati.
Nel 2024, dopo due anni di Governo Meloni, con oltre 24,1 milioni di occupati l’Italia realizzerà un PIL dello 0,5%.
Di fronte ai segnali che il governo riceveva ogni mese sui milioni di giornate lavorative vanificate dalla mancanza di lavoro sarebbe stato logico che l’impegno prioritario di tutti i ministri fosse stato quello di rendere produttivi coloro che contratto e posto di lavoro già l’avevano.
Lady Meloni & Co, invece, per fini propagandistici nella permanenza della campagna elettorale, hanno preferito inseguire la crescita del numero di occupati.
Per lady Meloni il ricorso alle bolle di sapone potrebbe essere retaggio di una cultura ereditata dal suo passato di riferimento.
Pochi ricorderanno, ad esempio, che quando si affacciava dal balcone in Piazza Venezia, LUI amava molto esaltarsi ed infervorare gli astanti citando gli 8 milioni di baionette con le quali avrebbe vinta la guerra, fatta grande l’Italia, difeso l’impero.
Ma gli 8 milioni di baionette di fatto non sono mai esistite, erano solo una fantasticheria dal MinCulPop che, come raccontano i libri di storia, non portò fortuna all’Italia.
C’è da augurarsi che la scelta del governo Meloni di preferire l’incremento propagandistico della occupazione, disinteressandosi di garantire la piena occupazione a quanti già avevano contratto e posto di lavoro, non abbia conseguenze drammatiche sulla tenuta socio-economica dell’Italia.