Che cosa è la proprietà? Rispondendo alla sua stessa domanda con l'ormai noto «è un furto», Pierre-Joseph Proudhon con la negazione della proprietà intendeva rafforzare l'eguaglianza senza cui – riteneva – non potevano sussistere né libertà, né società. 

Proudhon non era uno dei tanti bastian contrari che vanno di moda oggi in televisione e vengono smerciati come maître à penser (o guru, per voler rimanere al passo con i tempi), era invece un pensatore vero e come tale cercava di sviscerare un'idea in tutte le sue sfaccettature, per capirne tutte le problematiche ad essa collegate.

Perché citarlo adesso, quando persino molti politici che si definiscono socialisti propongono ricette che sono più liberiste di quelle degli stessi politici liberali? 

Perché la Chiesa cattolica ha un Papa che, curiosamente rispetto alla tradizione cattolica, non solo cerca di spiegare ai fedeli il significato del Vangelo, ma li invita anche a metterlo in pratica. Sembra una banalità, ma a guardare al passato non sono stati molti i papi a fare altrettanto.

Così, in un videomessaggio in occasione dell'incontro virtuale dei giudici membri dei Comitati per i diritti sociali di Africa e America, Bergoglio ha ricorado agli intervenuti (seppur virtualmente) che in ogni loro decisione, in ogni sentenza, sono di fronte alla "felice possibilità di fare poesia: una poesia che curi le ferite dei poveri, che integri il pianeta, che protegga la madre terra e tutta la sua discendenza. Una poesia che ripari, redima, e nutra".

Perché "quando una giustizia è realmente giusta, quella giustizia rende felice i Paesi e degni i loro abitanti" ... "nessuna sentenza può essere giusta, nessuna legge legittima se ciò che generano è più disuguaglianza" oppure "più perdita di diritti, indegnità o violenza. Una poesia che non trasforma è solo una manciata di parole morte".


Inoltre, affinché una giustizia sia giusta, questa non può non essere sociale. In che modo? 

Innanzitutto, secondo Francesco, le idee dei giudici non dovrebbero perdere di vista la realtà… "l’angosciante quadro in cui una piccola parte dell’umanità vive nell’opulenza, mentre a un numero sempre maggiore di persone la dignità è sconosciuta e i loro diritti ignorati e violati. Non possiamo pensare sconnessi dalla realtà".

Inoltre per applicare una nuova giustizia sociale, è indispensabile riconoscere che questa sia collettiva, che "tutte le persone benintenzionate sfidino l’utopia e ammettano che, come il bene e l’amore, anche la giustizia sia un compito che si deve conquistare ogni giorno". 

A tale scopo è necessario "un atteggiamento d’impegno, seguendo il cammino del buon samaritano", perché è troppo frequente la tentazione "di disinteressarsi degli altri, specialmente dei più deboli".

Per percorrere questa via bisogna guardare alla storia come asse conduttore: "Lì ci sono le lotte, i trionfi e le sconfitte. Lì si trova il sangue di quanti hanno dato la propria vita per un’umanità piena e integrata. Sono le radici delle esperienze, anche quelle della giustizia sociale che oggi vogliamo ripensare, far crescere e potenziare".

E per portare avanti tutto questo è necessario ricordarsi che tutti siamo popolo e che non esiste una élite illuminata, e che è importante "essere costanti e instancabili nel lavoro di includere, integrare e sollevare chi sia caduto".  

In conclusione Francesco ha chiesto a coloro che vogliano ripensare l’idea di giustizia sociale, di dimostrarsi solidali "contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, di terra e di alloggio. Terra, tetto e lavoro, techo, tierra y trabajo, le tre ‘T’ che ci rendono degni"...

E giusti, sapendo che, "quando, ricorrendo al diritto, diamo ai poveri le cose indispensabili, non diamo loro le nostre cose, né quelle di terzi, bensì restituiamo loro ciò che è loro. 

Costruiamo la nuova giustizia sociale ammettendo che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata e ha sottolineato sempre la funzione sociale di ogni sua forma. Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivante dal diritto che hanno tutti, nato dalla destinazione universale dei beni creati".

Come ci ricorda l'Antico testamento, tramite il giubileo, ogni 50 anni gli ebrei riassegnavano l'utilizzo della terra, riconoscendone l'esclusiva proprietà a Dio.

Non c’è giustizia sociale, ha concluso Francesco, "che possa fondarsi sull’iniquità" e che sia rappresentata dalla "concentrazione della ricchezza". L’augurio del Papa, in conclusione, è che tutto ciò che verrà costruito in questi due giorni sulla nuova giustizia sociale "sia più di una mera teoria, ma piuttosto una nuova e urgente pratica giudiziaria, che contribuisca a far sì che l’umanità possa, in un futuro molto vicino, integrarsi nella pienezza e nella pace".