"Non solo la pioggia scende giù dal cielo, pure cittadine e cittadini preoccupati. Se la situazione non fosse così tragica potremmo cogliere una certa ironia di fondo, riderci un po' su. Invece siamo qui, proprio oggi anche noi scendiamo dall'alto e restiamo in sospensione, tra cavalcavia e tangenziale, mentre sotto di noi altre persone sono sedute, come di consueto, sull'asfalto.Fa strano ma è così, le azioni di disobbedienza civile sono ormai una consuetudine. Come purtroppo lo sono gli eventi climatici estremi.Che siano alluvioni o siccità con prolungate ondate di caldo la causa, ormai si sa, è la stessa, come anche la responsabilità, di politici e governi che anziché intervenire twittano slogan, parallelismi tra catastrofi e partite di calcio, accuse varie, parlano di elezioni, eccetera.Ricordiamo che la nostra costituzione, quella italiana, tutela l'ambiente, Articolo 9. A noi non sembra proprio che lo si stia facendo, in questo momento storico, e a voi?"
Così, via social, gli attivisti Ultima Generazione, hanno introdotto la loro più recente protesta a Roma, con il blocco della tangenziale Est, alcune sedendosi sull'asfalto della carreggiata del senso di marcia che conduce verso la zona Nomentana e altre calandosi da un ponte di via delle Valli.
“Sono Carlotta e ho 33 anni - si legge nel comunicato che descrive i motivi dell'iniziativa - e oggi sono qui perché non so più cosa fare per farmi ascoltare dal governo. Trovo profondamente ingiusto, sbagliato, immorale e crudele vedere che mentre le famiglie nelle Marche e in Emilia Romagna vivono la paura degli eventi estremi causati dalla crisi ecologica, il nostro governo continui a farsi comandare da Eni, che con sfregio per le famiglie a rischio e in povertà continua a fare soldi investendo in petrolio gas e carbone, cause del disastro che stiamo vedendo in questi giorni. Quanto ancora deve succedere? Quante famiglie ancora devono perdere la casa e vite umane perché si ponga fine a questo orrore? Non sappiamo più cosa fare, chiediamo che si smetta di investire in combustibili fossili e speriamo che la giustizia faccia il suo corso con Eni e il procedimento avviato da Greenpeace e ReCommon”.
Il 9 maggio è stata notificata a Eni l'apertura di una causa civile da parte di Greenpeace Italia, Recommon e 12 tra cittadine e cittadini per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole. Alla sbarra non c'è solo Eni: sono stati chiamati in causa anche il ministero dell'Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti, in quanto maggiori azionisti di Eni.
Lo Stato sembra essere il primo complice di queste politiche distruttive e assassine, oltre che avallando e favorendo le politiche di colossi come Eni, foraggiando con contributi pubblici (40 miliardi al 2021) l'uso dei combustibili fossili. Per questo siamo in strada a protestare: chiediamo lo stop ai sussidi pubblici al fossile.