Dopo la dichiarazione di lunedì, in cui Netanyahu è stato costretto dalla piazza a rimandare l'approvazione del piano di riforma della giustizia, il presidente Herzog non ha posto tempo in mezzo e già oggi ha dato il via all'organizzazione degli incontri, che inizieranno nel palazzo presidenziale, tra rappresentanti delle maggioranza e delle opposizioni per arrivare alla stesura di una proposta condivisa, che possa esser digerita anche degli elettori... se ciò sarà mai possibile.

Nel pomeriggio, infatti, alcune migliaia di manifestanti - solo 3mila o poco più - sono comunque scesi di nuovo in strada per far presente che la riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu non va ridiscussa e rivista, ma semplicemente ritirata.

Per questo, i colloqui tra partiti di maggioranza e opposizione, qualunque risultato riescano a raggiungere, già fin d'ora rischiano di essere solo una inutile messinscena, una perdita di tempo, i cui risultati  difficilmente potrebbero accontentare la piazza che di riformare la giustizia per metterla sotto il controllo dell'esecutivo non ne sentiva certo il bisogno.

Oltretutto, finora, la Corte suprema israeliana non ha certo fatto da ostacolo all'espansionismo sionista dei coloni israeliani, dalla distruzione degli edifici fino alla creazione di nuovi insediamenti. Tutt'al più nel corretto la forma, cercando di dare all'apartheid - fin dove era possibile - un qualche aspetto di legalità.

Ma allora perché il governo israeliano, appena insediato, ha ritenuto necessario spingere sull'acceleratore per mettere la magistratura sotto il controllo dell'esecutivo, limitando le capacità decisionali dell'Alta Corte? 

Perché Netanyahu ha un processo in corso il cui esito lo potrebbe costringere, perlomeno, a dimettersi da premier, mentre i nazionalisti ultraortodossi, Smotrich e Ben-Gvir, vogliono avere ancor meno vincoli nel promuovere l'occupazione della Cisgiordania da parte dei coloni che costituiscono la base del loro elettorato.

E a proposito di ultraortodossi, Ben Gvir, ministro della sicurezza, ieri aveva scatenato un gruppo dei più violenti tra i suoi sostenitori (dei veri e propri picchiatori) per manifestare contro coloro che voleva il ritiro della riforma della giustizia. Oltre ad aver dato alle fiamme i cassonetti dell'immondizia, hanno malmenato i dimostranti, linciando un paio di arabi a Gerusalemme.

Ben Gvir, per non ritirare l'appoggio all'esecutivo dopo il dietrofront di Netanyahu, ha ottenuto il via libera alla creazione di una milizia, di cui nessuno riesce a capire necessità, compiti e composizione, ma che tutti interpretano come un miniesercito al suo comando. Una nuova follia di quel governo.