L'ultima giornata del suo viaggio apostolico in Romania di Papa Francesco vedrà l'incontro con la comunità Rom di Blaj (nel pomeriggio), mentre in mattinata si è celebrata la messa, sempre a Blaj, per la beatificazione di sette vescovi martiri greco-cattolici, vittime della persecuzione del regime comunista dopo che nel 1948 chiese ai greco-cattolici di rompere la comunione con Roma, dando il via ad una feroce persecuzione.

La cerimonia di beatificazione di mons. Iuliu Hossu, mons. Vasile Aftenie, mons. Ioan Bălan, mons. Valeriu Traian Frențiu, mons. Ioan Suciu, mons. Tit Liviu Chinezu e mons. Alexandru Rususi si è tenuta nel "Campo della Libertà", situato nella zona orientale di Blaj, luogo simbolo della Romania.

Infatti, lì, il 15 maggio 1848 si radunarono oltre 40 mila persone chiesero il riconoscimento del popolo romeno come nazione, la libertà e pari diritti civili. E lo stesso luogo è oggi anche memoriale della testimonianza dei martiri cattolici durante la dittatura comunista.

Nell'omelia, Papa Francesco ha ricordato che «questi Pastori, martiri della fede, hanno recuperato e lasciato al popolo rumeno una preziosa eredità che possiamo sintetizzare in due parole: libertà e misericordia.

Pensando alla libertà, non posso non osservare che stiamo celebrando questa Divina Liturgia nel "Campo della libertà". Questo luogo significativo richiama l’unità del vostro Popolo che si è realizzata nella diversità delle espressioni religiose: ciò costituisce un patrimonio spirituale che arricchisce e caratterizza la cultura e l’identità nazionale rumena. I nuovi Beati hanno sofferto e sacrificato la loro vita, opponendosi a un sistema ideologico illiberale e coercitivo dei diritti fondamentali della persona umana. In quel triste periodo, la vita della comunità cattolica era messa a dura prova dal regime dittatoriale e ateo: tutti i Vescovi, e molti fedeli, della Chiesa Greco-Cattolica e della Chiesa Cattolica di Rito Latino furono perseguitati e incarcerati.

L’altro aspetto dell’eredità spirituale dei nuovi Beati è la misericordia. Alla tenacia nel professare la fedeltà a Cristo, si accompagnava in essi una disposizione al martirio senza parole di odio verso i persecutori, nei confronti dei quali hanno dimostrato una sostanziale mitezza. È eloquente quanto ha dichiarato durante la prigionia il Vescovo Iuliu Hossu: "Dio ci ha mandato in queste tenebre della sofferenza per donare il perdono e pregare per la conversione di tutti". Queste parole sono il simbolo e la sintesi dell’atteggiamento con il quale questi Beati nel periodo della prova hanno sostenuto il loro popolo nel continuare a confessare la fede senza cedimenti e senza ritorsioni. Questo atteggiamento di misericordia nei confronti degli aguzzini è un messaggio profetico, perché si presenta oggi come un invito a tutti a vincere il rancore con la carità e il perdono, vivendo con coerenza e coraggio la fede cristiana».

E prendendo esempio dagli errori e dagli orrori del passato, Francesco ha ricordato il pericolo delle nuove ideologie odierne che pure loro «disprezzano il valore della persona, della vita, del matrimonio e della famiglia e nuocciono, con proposte alienanti, ugualmente atee come nel passato, in modo particolare ai nostri giovani e bambini lasciandoli privi di radici da cui crescere».

Il Papa ha poi concluso la sua omelia invitando i fedeli «a portare la luce del Vangelo ai nostri contemporanei e a continuare a lottare, come questi Beati, contro queste nuove ideologie che sorgono. ...

Possiate essere testimoni di libertà e di misericordia, facendo prevalere la fraternità e il dialogo sulle divisioni, incrementando la fraternità del sangue, che trova la sua origine nel periodo di sofferenza nel quale i cristiani, divisi nel corso della storia, si sono scoperti più vicini e solidali».