Stati Uniti ed Israele hanno cercato, all'inizio dell'anno, di far accettare alla comunità internazionale il famoso piano del secolo che prevedeva, in sostanza, di trasformare la Palestina in un nuovo Bantustan. Probabilmente, Netanyahu e Trump hanno capito che attuare una scelta simile avrebbe causato ritorsioni negative non solo per i Paesi da loro governati, ma anche per loro stessi sul piano politico. 

Quindi, abbandonato quel progetto, hanno seguito un'altra strada, quella degli affari, che a prima vista sembrerebbe l'uovo di Colombo... almeno per loro

Gli Usa si fanno intermediari di accordi di pace tra i Paesi del Golfo ed Israele. Israele allarga la sfera d'influenza commerciale verso Paesi arabi vicini e danarosi, riducendo al contempo il loro sostegno al popolo palestinese. Trump, in vista delle presidenziali di novembre, rivende questi accordi commerciali, che nulla hanno a che vedere con il conflitto israelo-palestinese, come piano di pace per il Medio Oriente.

E per questo, ieri, il presidente degli Stati Uniti ha salutato la firma degli accordi tra Israele, Emirati Arabi Uniti (EAU) e Bahrein che hanno come conseguenza la completa normalizzazione delle loro relazioni, avvenuta a Washington in presenza dei rispettivi capi di Stato, come "l'alba di un nuovo Medio Oriente".

Adesso, con i due stati del Golfo che si aggiungono ad Egitto e Giordania, sono quattro i Paesi arabi a riconoscere lo Stato ebraico di Israele dalla sua fondazione nel 1948.

Naturalmente, per Trump, questo è da considerarsi solo l'inizio, perché ad Emirati Arabi Uniti e Bahrein, a suo dire, si aggiungeranno altri Paesi. 

Alla soddisfazione generale non partecipa però la Palestina, vale a dire quel popolo che abita a Gerusalemme Est, in Cigiordania e a Gaza, a cui vanno aggiunti i rifugiati in Libano e Giordania, che da più di mezzo secolo vivono sotto il giogo dell'esercito israeliano. Un popolo che viene sfruttato, di cui non vengono riconosciuti i diritti e di cui la comunità internazionale, che a regola ha promosso e firmato trattati che tutelano i diritti umani e vietano l'apartheid, finge di ignorare l'esistenza.

Per questo ieri, centinaia di palestinesi hanno manifestato nelle strade di Ramallah contro gli accordi di normalizzazione siglati a Washington, mentre in giornata altre proteste si erano registrate in alcune città della Cisgiordania, tra cui Nablus, Jenin, Tulkarm e Hebron.

Da Gaza, invece, l'accordo di Abramo (così è stato definito) è stato salutato con dei razzi lanciati su Israele. Uno ha colpito la città costiera di Ashdod, ferendo due persone. In risposta, l'esercito israeliano ha lanciato circa 10 attacchi aerei nella Striscia, distruggendo anche abitazioni civili, ma senza causare vittime.

E questo a ulteriore dimostrazione che gli accordi di Trump e Netanyahu sono semplicemente accordi diplomatico-commerciali che nulla hanno a che vedere con il piano di pace in Medio Oriente, una questione che può essere risolta solo dando ai Palestinesi il territorio loro riconosciuto dalle Nazioni Unite e interrompendone l'occupazione.