Caro Segretario, apprendo oggi dai quotidiani che la mia vicenda imbarazzerebbe i vertici del PD. Il responsabile legale del partito mi chiede esplicitamente di andarmene per aver incontrato alcuni magistrati e fa quasi sorridere che tale richiesta arrivi da un senatore di lungo corso già coinvolto - a cominciare da una celebre seduta spiritica - in pagine buie della storia istituzionale del nostro Paese.I fatti sono chiari. Tu li conosci meglio di altri anche perché te ne ho parlato in modo franco nei nostri numerosi incontri. Ma io, caro Segretario, non partecipo al festival dell’ipocrisia.Sono nato e cresciuto come uomo di squadra. E non so immaginarmi in altro ruolo. Per questo l’interesse della mia comunità, il PD, viene prima della mia legittima amarezza. Ti comunico dunque la mia autosospensione dal PD fino a quando questa vicenda non sarà chiarita. Lo faccio non perché qualche moralista senza morale oggi ha chiesto un mio passo indietro. No. Lo faccio per il rispetto e l’affetto che provo verso gli iscritti del PD, cui voglio bene e perché voglio dimostrare loro di non avere niente da nascondere e nessuna paura di attendere la verità.Continuerò il mio lavoro con tanti amici in Parlamento per dare una mano contro il peggior Governo degli ultimi decenni che sta riportando l’Italia in crisi e mantenendo l’impegno che ho preso con 64.252 cittadini che mi hanno scelto nel collegio di Empoli e verso i quali provo rispetto. La verità è una sola e l’ho spiegata ieri: non ho fatto pressioni, non ho influito nel mio processo, non ho realizzato dossier contro i magistrati, non ho il potere di nominare alcun magistrato. Chi dice il contrario mente.Quanti miei colleghi, durante l’azione del nostro Governo e dopo, si sono occupati delle carriere dei magistrati? Davvero si vuol far credere che la nomina dei capiufficio dipenda da un parlamentare semplice e non da un complicato quanto discutibile gioco di correnti della magistratura? Davvero si vuol far credere che la soluzione a migliaia di nomine sia presa nel dopo cena di una serata di maggio? Davvero si vuol prendere a schiaffi la realtà in nome dell’ideologia, dell’invidia, dell’ipocrisia?Ti auguro buon lavoro, caro Segretario. E spero che – anche grazie al mio gesto – il Pd sia in grado di fare una discussione vera e onesta. Io sono innocente. E spero di cuore che lo sia anche chi mi accusa di tutto, senza conoscere niente.Ciao, Luca.
Il "buon lavoro" di Luca Lotti a Nicola Zingaretti sembra la ripetizione dello "stai sereno" di Matteo Renzi a Enrico Letta. Probabilmente questo è lo "stile" del Giglio Magico.
Lotti non si è dimesso da parlamentare, ma si è solo sospeso dal Pd. Lo stipendio continuerà e prenderlo e con il sedere per terra non rimarrà di certo. Il suo gesto è solo simbolico, come simbolica è la sua indignazione. I fatti che sono conseguenti alla sua decisione sono reali e di certo non irrilevanti.
Dopo la sua "apparizione" ad un dopo cena che vedeva riuniti in un albergo alcuni membri del Csm, l'Espresso ha pubblicato un'intercettazione che vede Lotti conversare con Luca Palamara sempre sulla questione che tiene banco nel Csm: la nomina del nuovo Procuratore capo di Roma, in sostituzione di Luigi Pignatone.
Due sono le considerazioni che rendono inutili, oltre che risibili, le parole espresse da Lotti nella sua dichiarazione.
La prima è di ordine pratico. Lotti è stato indagato da Pignatone per il caso Consip e per questo è finito sotto processo... a Roma. Già questo avrebbe dovuto suggerirgli di evitare, qualunque fosse la ragione, qualsiasi contatto con membri del Csm, specialmente in questo periodo. A questo è da aggiungere, nel caso venga accertato e a quanto pare dalle ultime notizie sembra che sia così, il fatto che si sia occupato di questioni - la nomina di un giudice - su cui un politico, in nessun caso dovrebbe intervenire.
La seconda considerazione è appunto di ordine etico. Già solo il fatto di essere associato ad una vicenda possibilmente imbarazzante pr sé e per il partito da lui rappresentato avrebbe dovuto fin da subito suggerire a Lotti di fare non uno, ma due passi indietro, rimettendo tutto alla decisione del suo segretario. Ancor di più nel caso fosse stato realmente estraneo a qualunque intervento per indirizzare una nomina da lui sostenuta. L'arroganza presente nella sua dichiarazione, oltretutto, toglie qualsiasi significato anche al passo indietro dell'autosospensione.
E tutto questo, infine, non è certo una bella pubblicità per il Partito Democratico di Nicola Zingaretti, che continua ad essere ostaggio dei giochi di potere dei renziani e delle sue indecisioni su quale linea politica scegliere per il partito tra liberismo e socialismo.