Virginia Raggi: «È solo inizio. Ora va sgomberato l'immobile e deve essere restituito alle famiglie che ne hanno davvero diritto. Va ripristinata la legalità. Fino in fondo». Questa la dichiarazione della sindaca di Roma dopo la rimozione della scritta CasaPound dallo stabile di via Napoleone III, abusivamente occupato da anni dal movimento politico neofascista.

Rimozione avvenuta ad opera della stessa CasaPound, dopo l'ingiunzione della sindaca da lei stessa consegnata che, va detto, mira da tempo allo sgombero di quella struttura.


Così CasaPound ha risposto a quella che ha etichettato più o meno come una provocazione da parte della Raggi: «Abbiamo rimosso la scritta "CasaPound" dallo stabile di via Napoleone III. La Raggi ha ragione. In una città diventata latrina e barzelletta d'Italia, la bellezza di una scritta di marmo perfettamente in linea con lo stile razionalista di un palazzo anni '30 stona troppo.

La togliamo momentaneamente in attesa della rinascita di Roma che avverrà il giorno - ormai prossimo - in cui il flagello talebano della giunta raggi sarà definitivamente sconfitto e cacciato dalla Nostra città.

Quella di Virginia Raggi per CasaPound è una ossessione. Non ha mai speso una parola per le oltre 100 occupazioni rosse di Roma, come l'ex colonia Vittorio Emanuele occupata ad Ostia (alla quale il Comune di Roma paga anche le utenze), mentre non passa giorno che il sindaco di Roma non invochi lo sgombero di CasaPound o si produca in passerelle in via Napoleone III.

Questo, mentre la Capitale d'Italia non è mai stata così brutta, sporca e inefficiente, mentre sprofonda tra rifiuti e degrado.

Singolare inoltre che il sindaco di Roma si rechi all'Esquilino, rione simbolo del degrado e dell'insicurezza di Roma, solo per lo stabile di via Napoleone III. Un luogo che ha dato rifugio a decine di famiglie italiane in difficoltà e che rappresenta l'unico luogo di cultura del quartiere, come ricordato da vari artisti tra cui il regista americano Abel Ferrara».


Per i neofascisti, già solo il fatto di aver dovuto rimuovere la scritta è stato un colpo duro da mandar giù, così la sindaca Raggi, grillina viene disegnata come quasi come una vetero comunista dal giornale di riferimento: Il Primato Nazionale. Così la descrive Davide Di Stefano, responsabile comunicazione di CasaPound: «... Un accanimento che il sindaco giustifica con il ripristino della legalità, ma che in realtà nasconde un evidente approccio politico: non si ricordano infatti dichiarazioni e azioni simili della Raggi per le circa cento occupazioni rosse della Capitale, alcune delle quali (come il Forte Prenestino o via dei Volsci a San Lorenzo) in piedi dagli anni '80. ...

Nei mesi precedenti alla sua elezione nel 2016 diversi giornali delinearono il suo profilo, dove spiccava la collaborazione con alcuni centri sociali romani: "A Roma ha saputo lavorare astutamente col mondo di SEL, con associazioni come la Ex Lavanderia (occupata, ndr), con occupazioni solidali di luoghi come l'ex Manicomio Provinciale Santa Maria della Pietà". Insomma Virginia prima di diventare sindaco aveva collaborato con alcune occupazioni di estrema sinistra. ...

Altra cosa non di poco conto l'endorsement di Nunzio D'Erme, storico leader dei centri sociali romani, che annunciò pubblicamente di aver votato Virginia Raggi. Del resto la stessa futura "sindaca" nel suo programma al punto "diritto all'abitare" sembrava porsi in maniera piuttosto tollerante nei confronti delle occupazioni».

Il problema, si chiede Di Stefano, concludendo il suo articolo, è che a Roma «ci dobbiamo aspettare una nuova passerella antifascista di Virginia Raggi?»

In pratica, un'ammissione di quello che già sapevamo, ma che spesso veniva taciuto o negato dagli stessi aderenti di CasaPound: l'esser fascisti, il riconoscersi fascisti.

E dobbiamo tollerare che uno Stato che fonda le proprie radici sull'antifascismo debba sopportare la presenza di fascisti nella Capitale che, oltretutto, occupano abusivamente uno stabile pubblico?