Ecco come Draghi ha spiegato, nel suo discorso al Senato, le dimissioni che hanno portato alla crisi di Governo in atto.

Le comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta quanto dovuta. Lo scorso febbraio il Presidente della Repubblica mi affidò l'incarico di formare un Governo per affrontare le tre emergenze che l'Italia aveva davanti: pandemica, economica e sociale. Un Governo - furono queste le sue parole - di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica; un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili. Tutti i principali partiti, con una sola eccezione, decisero di rispondere positivamente a quell'appello. Nel discorso di insediamento che tenni in quest'Aula feci esplicitamente riferimento allo spirito repubblicano del Governo, che si sarebbe poggiato sul presupposto dell'unità nazionale. In questi mesi l'unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo Esecutivo e della sua efficacia. Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile. Questo presupposto è ancora più importante in un contesto di emergenza, in cui il Governo deve prendere decisioni che incidono profondamente sulla vita degli italiani. L'amplissimo consenso di cui il Governo ha goduto in Parlamento ha permesso di avere quella tempestività nelle decisioni che il Presidente della Repubblica aveva richiesto.A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci per il bene di tutti i cittadini.  [ ... ]

Draghi ha elencato poi tutti i successi che - a suo dire  - avrebbe ottenuto l'esecutivo, grazie alla convergenza delle forze politiche. Finché...

Purtroppo, con il passare dei mesi, a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini, le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo, di divisione. Le riforme del Consiglio superiore della magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull'agenda di modernizzazione del Paese. In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l'Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del presidente Putin. Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti, proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito. Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con tempestività, nell'interesse del Paese.Come ho detto in Consiglio dei ministri, il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia a un Governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe ad ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi e ultimatum.

Draghi non ha però precisato da parte di chi questi strappi e ultimatum, da mesi, sarebbero stati messi in atto. Senza poi spiegare perché non abbia presentato le sue dimissioni già a metà giugno, dopo che Italia Viva non ha votato la riforma del CSM, uscendo dall'Aula. Questo farebbe una differenza solo perché su quella legge non era stato messo il voto di fiducia?

Quindi, il premier dimissionario, ha utilizzato gli appelli ricevuti in questi giorni che, in pratica, ha utilizzato a giustificazione di un suo possibile ripensamento:

Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare. È questo il cuore della nostra discussione di oggi, è questo il senso dell'impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini.

E quale sarebbe il "nuovo" programma di governo?

L'Italia ha bisogno di un Governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è un'occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le disuguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud. Entro la fine di quest'anno dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro. Gli obiettivi riguardano temi fondamentali, come le infrastrutture digitali, il sostegno al turismo, la creazione di alloggi universitari e borse di ricerca, la lotta al lavoro sommerso. Completare il PNRR è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei. Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onesta, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi.L'avanzamento del PNRR richiede la realizzazione di tanti investimenti che lo compongono, dalle ferrovie alla banda larga, dagli asili nido alle case di comunità. Dobbiamo impegnarci per realizzare tutti i progetti che abbiamo disegnato con il contributo decisivo delle comunità locali. Dobbiamo essere uniti contro la burocrazia inutile, quella che troppo spesso ritarda lo sviluppo del Paese, e dobbiamo assicurarci che gli enti territoriali, a partire dai Comuni, abbiano tutti gli strumenti necessari per superare eventuali problemi di attuazione. Al tempo stesso dobbiamo procedere spediti con le riforme, che insieme agli investimenti sono il cuore del PNRR.La riforma del codice degli appalti pubblici intende assicurare la realizzazione in tempi rapidi delle opere pubbliche e il rafforzamento degli strumenti di lotta alla corruzione. Dobbiamo tenere le mafie lontane dal PNRR (Applausi). È il modo migliore per onorare la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. (Vivi e prolungati applausi. L'Assemblea si leva in piedi).  [... ]

Le scadenze segnate dal PNRR sono molto precise: dobbiamo ultimare entro fine anno la procedura prevista per i decreti di attuazione della legge delega civile e penale; la legge di riforma della giustizia tributaria è in discussione al Senato e deve essere approvata entro fine anno. Infine, l'autunno scorso il Governo ha dato il via al disegno di legge delega per la revisione del fisco. Siamo consapevoli che in Italia il fisco è complesso e spesso iniquo: per questo non abbiamo mai aumentato le tasse sui cittadini; tuttavia, per questo occorre procedere con uno sforzo di trasparenza. Intendiamo ridurre le aliquote IRPEF a partire dai redditi medio-bassi, superare l'IRAP, razionalizzare l'IVA. I primi passi sono stati compiuti con l'ultima legge di bilancio, che ha avviato la revisione dell'IRPEF e la riforma del sistema della riscossione. In Italia, l'Agenzia delle entrate-riscossione conta 1.100 miliardi di euro di crediti residui, cioè non riscossi, pari a oltre il 60 per cento del prodotto interno lordo nazionale: una cifra impressionante. Dobbiamo quindi approvare al più presto la riforma fiscale, che include il completamento della riforma della riscossione, e varare subito dopo i decreti attuativi.Accanto al PNRR, c'è bisogno di una vera agenda sociale che parta dai più deboli, come i disabili e gli anziani non autosufficienti. L'aumento dei costi dell'energia e il ritorno dell'inflazione hanno causato nuove disuguaglianze che aggravano quelle prodotte dalla pandemia. Fin dall'avvio del Governo abbiamo condiviso con i sindacati e le associazioni delle imprese un metodo di lavoro che prevede incontri regolari e tavoli di lavoro. Questo metodo è già servito per gestire alcune emergenze del Paese: dalla ripresa delle attività produttive nella fase pandemica fino alla sicurezza del lavoro, su cui molto è stato fatto e molto resta ancora da fare. Oggi è essenziale proseguire in questo confronto e definire, in una prospettiva condivisa, gli interventi da realizzare nella prossima legge di bilancio. Quest'anno l'andamento della finanza pubblica è migliore delle attese e ci permette di intervenire, come abbiamo fatto finora, senza nuovi scostamenti di bilancio.Bisogna adottare entro i primi giorni di agosto un provvedimento corposo per attenuare l'impatto su cittadini e imprese dell'aumento dei costi dell'energia e poi rafforzare il potere d'acquisto, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione. Ridurre il carico fiscale sui lavoratori, a partire del salari più bassi, è un obiettivo di medio termine. Questo è un punto su cui concordano sindacati e imprenditori. Con la scorsa legge di bilancio, abbiamo adottato un primo e temporaneo intervento, dobbiamo aggiungerne un altro in tempi brevi, nei limiti consentiti dalle nostre disponibilità finanziarie. Occorre anche spingere il rinnovo dei contratti collettivi: molti, tra cui quelli del commercio e dei servizi, sono scaduti da troppi anni. La contrattazione collettiva è uno dei punti di forza del nostro modello industriale per l'estensione e la qualità delle tutele, ma non raggiunge ancora tutti i lavoratori.A livello europeo, è in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo ed è in questa direzione che dobbiamo muoverci, insieme alle parti sociali, assicurando livelli salariali dignitosi alle fasce di lavoratori più in sofferenza. (Applausi). Il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà, ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno (Applausi) e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro. C'è bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo.  [ ... ]

Altri i punti indicati da Draghi in relazione, a siccità, possibile crisi energetica, tetto al prezzo del gas, Nato, Ucraina... per poi concludere che...

All'Italia non serve una fiducia di facciata che svanisce davanti ai provvedimenti scomodi; serve un nuovo patto di fiducia sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti e voi parlamentari siete pronti a ricostruire questo patto? (Applausi). Siete pronti? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi e che si è poi affievolito?Questa risposta a queste domande la dovete dare non a me, ma a tutti gli italiani. (Applausi).

Tra le molte perplessità che emergono dalle parole di Draghi, se ne possono sottolineare almeno due. La prima riguarda la riforma della Giustizia che lui ha citato come obiettivo raggiunto dal suo governo. La riforma del processo penale, in essa inclusa, è stata bocciata dai magistrati antimafia e dalla stessa Commissione Ue, essendo di fatto non uno strumento per accelerare i tempi dei processi, quanto uno strumento per annullare i processi, finendo per essere un mezzo per promuovere l'illegalità, invece che reprimerla. Un genio come Draghi e la ministra Cartabia da lui indicata non lo hanno capito! E chi si è messo di mezzo per rendere meno drammatiche le conseguenze di tale legge, pur votandola, sarebbe da considerarsi un nemico della Patria? Citare Falcone e Borsellino  non serve certo a nascondere tali nefandezze... tutt'altro.

La seconda perplessità riguarda il possibile governo futuro? Chi dovrebbe farne parte? Coloro che votano la fiducia? Certo. Ma quanti devono essere? Se i 5 Stelle non la votassero e Draghi continuasse a guidare un nuovo governo senza di loro, non si capirebbe comunque il senso delle sue dimissioni (tra l'altro tuttora più che oscuro).

Inoltre, se i 5 Stelle votassero la fiducia, come potrebbe continuare il governo con il veto posto loro da altri partiti della maggioranza?