8 giugno 1976, il magistrato Francesco Coco viene freddato da alcuni colpi di pistola e mitraglietta, nel centro di Genova, insieme ai due agenti della scorta Giovanni Saponara e Antioco Deiana, vittime di un agguato delle Brigate Rosse. Coco, in qualità di procuratore della Corte d’Appello di Genova, si era rifiutato due anni prima di trattare con le Brigate Rosse per il rapimento del magistrato Mario Sossi. Gli esecutori materiali non sono mai stati identificati.

 

Coco, originario della Sardegna, nella sua carriera di magistrato ricoprì ruoli come: giudice istruttore a Nuoro (Sardegna) negli anni Trenta e istituì il processo per l’omicidio di Antonia Mesina, che venne uccisa mentre si ribellava ad un tentativo di violenza sessuale; sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Cagliari, occupandosi di molti casi di sequestri di persona; procuratore della Repubblica di Genova, carica che mantenne per gli anni Sessanta e Settanta.

 

Nel maggio del 1974 si oppose al rilascio degli otto detenuti ex militanti del Gruppo XXII Ottobre (organizzazione della Sinistra extraparlamentare attiva a Genova tra il 1969 e il 1971, in principio rivoluzionaria per poi evolversi a organizzazione terroristica) per la liberazione del giudice e amico Mario Sossi (sequestrato dalle Brigate Rosse), nonostante la Corte d’Assise d’Appello di Genova avesse dato parere favorevole.

 

Per questo motivo Francesco Coco venne assassinato l’8 giugno 1976 a Genova alle ore 13.30 insieme ai suoi due agenti della scorta: il brigadiere di polizia Giovanni Saponara, che guidava la Fiat 132 di servizio, e l’appuntato dei carabinieri Antioco Deiana. Morirono a colpi di mitraglietta nei pressi dell’abitazione di Coco a poca distanza dall’Università degli Studi e dalla stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe.
Il giorno dopo alcuni militanti delle Brigate Rosse, durante lo svolgimento di un processo in cui erano imputati Prospero Gallinari e Renato Curcio (militanti delle Brigate Rosse), rivendicarono nell’aula di Tribunale di Torino l’omicidio del Procuratore Generale; lasciava moglie e tre figli.

 

L’identità dei responsabili effettivi del sanguinoso attentato rimane ancora dubbia. Il brigatista collaboratore della giustizia Patrizio Peci riferì, secondo delle presunte confidenze di un altro militante delle Brigate Rosse Raffaele Fiore, che avrebbero partecipato tutti i principali membri dell’organizzazione per uccidere il magistrato Coco. Inoltre indicò anche Giuliano Naria (operaio all’Ansaldo di Genova e attivista politico di Lotta Continua) come uno degli attentatori; invece in sede giudiziaria venne considerato estraneo ai fatti. Sempre Peci indicò anche lo sconosciuto dirigente della colonna brigatista di Genova, Riccardo Dura. Tuttavia non ci sono state conferme a questa testimonianza indiretta; però anche altre fonti ritengono responsabile dell’attentato proprio Dura, morto nell’irruzione in via Fracchia. Questa irruzione fu possibile proprio grazie alla testimonianza di Patrizio Peci che indicò l’abitazione in via Fracchia come la base delle Brigate Rosse a Genova. Nello scontro, avvenuto nella notte del 28 marzo 1980, vennero uccisi parecchi militanti clandestini e anche il sopracitato Riccardo Dura, capo brigadista a Genova. Questo ebbe delle conseguenze decisive a Genova e provocò il rapido collasso della pericolosa organizzazione brigadista presente in città che, a partire dal 1976, si era macchiata di cruenti attentati.

 

Il magistrato Francesco Coco è solo una delle 86 vittime delle Brigate Rosse stimate tra gli anni 1974 e 2003. Sergio Zavoli nell’inchiesta “La notte della Repubblica” ha sostenuto che dal 1974 (anno dei primi omicidi attribuiti all’organizzazione brigatista) al 1988 le Brigate Rosse hanno rivendicato 86 omicidi; in gran parte agenti della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, dirigenti d’industria, magistrati e uomini politici. Agli omicidi vengono anche aggiunti i ferimenti, i sequestri di persona e le rapine compiute per finanziare l’organizzazione.

 

La brutale uccisione del magistrato Francesco Coco e della sua scorta è stata una pagina triste di un libro molto doloroso della storia italiana, un libro che parla di persone capaci di atti orribili verso altre persone senza avere il minimo accenno di rimorso.