Quali sono le primarie necessità degli italiani secondo i politici che adesso, in base ai sondaggi elettorali, vanno per la maggiore? Contrastare l'invasione degli africani, costituita da poche migliaia di individui che fuggono da dei lager, impedire di salvare chi è in difficoltà in mare aperto, scacciare chi abbia bisogno di aiuto, far pagare meno tasse possibili agli italiani senza però spiegare con quali soldi dovrebbe poi essere finanziato lo Stato sociale, baciare rosari, invocare santi e sconfiggere le "sinistre".
Sul fronte opposto, politicamente corretto e razionalità la fanno da padrone, con temi a cui però non fanno riscontro argomenti concreti da tradurre in leggi certe per gli elettori.
In entrambi gli schieramenti politici vi è la totale assenza nel capire, figuriamoci anticipare, le nuove problematiche che a causa dell'evoluzione della scienza, delle abitudini, dei costumi si presentano nella vita di tutti i giorni, mettendo di fronte i cittadini a scelte che giuridicamente non hanno risposte adeguate.
La scienza medica ha compiuto passi da gigante rispetto a 50, 60 anni fa. Ma nella sua evoluzione, pur allungando la vita dei pazienti, non è ancora riuscita a trovare delle cure per numerose malattie. Quindi, mantenere in vita delle persone che progressivamente si stanno spegnendo in molti casi finisce per essere un'inutile tortura.
Esiste una legge sul fine vita? No. La questione si è presentata con i casi Welby, Englaro e, di recente, con il caso Cappato con la Corte costituzionale che aveva dato al Parlamento un anno di tempo per scrivere una legge che riempisse quello che era un evidente vuoto normativo.
Che cosa hanno fatto i parlamentari in dodici mesi? Assolutamente nulla. Così, il tribunale che doveva decidere sul caso Antoniani (dj Fabo), sulla base delle motivazioni della Consulta, ha decretato la non punibilità per il reato di aiuto al suicidio (di cui Cappato si era auto accusato).
Prima di questo Natale, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha emesso una sentenza in cui afferma che non sono punibili penalmente «le attività di coltivazione [di canapa] di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, per lo scarso numero di piante, per il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, per la mancanza di ulteriori indizi di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore».
In sostanza, se una persona coltiva in casa propria delle pianticelle di canapa per farsi degli spinelli, questo non è da considerarsi penalmente rilevante. Lo può fare.
Va aggiunto anche, per chi non lo sapesse, che una sentenza emessa dalla Cassazione a Sezioni Unite per i giudici equivale ad una norma di legge. È una precisa indicazione che qualsiasi caso che rientri nelle motivazioni di quella sentenza deve essere giudicato così come la Cassazione ha deciso.
Quindi, anche in questo caso, ancora una volta, la magistratura è intervenuta prima del Parlamento, legalizzando di fatto l'uso personale e ricreativo della marijuana.
Una decisione che, già così, è un primo passo per contrastare un business che alle mafie frutta un oceano di denari e che avrebbe dovuto essere da tempo presa dal Parlamento, ma il Parlamento si è ben guardato dal farlo. Addirittura, a metà dicembre, una parte del Parlamento ha letteralmente festeggiato perché la presidente del Senato aveva impedito che nella legge di bilancio venisse inserito un emendamento che regolava la coltivazione di canapa industriale.
Quanto sopra riportato è un semplice esempio di quanto sia distante chi si intestardisce a voler rappresentare gli interessi del Paese dal capire quali siano le sue reali necessità. La propaganda vuole imporre dei falsi modelli per indicare agli italiani gli orientamenti da seguire. La realtà, poi, mostra quali siano le vere priorità.