A meno di sorpese, ma in questo caso si dovrebbe parlare di miracoli, nella giornata di mercoledì la Knesset voterà per il proprio scioglimento chiamando gli israeliani nuovamente al voto il 2 marzo 2020, data concordata con il consenso dei due partiti di maggioranza, Likud e Blu Bianco, che in questi mesi non sono riusciti a trovare un punto d'incontro per formare un governo di unità nazionale in modo da evitare un nuovo ricorso alle urne, il terzo in dodici mesi.
Dopo i due incarichi affidati dal presidente Rivlin prima a Netanyahu e poi a Gantz, toccava adesso al Parlamento trovare una soluzione.
Missione impossibile anche per la Knesset, a causa dei guai giudiziari sulla testa di Netanyahu che non ha alcuna intenzione di gestirli senza il "supporto" di un incarico istituzionale. Per questo motivo, non è stato possibile formare un governo di larghe intese.
Anche con una terza elezione, lo stallo attuale potrebbe ripresentarsi, con il Likud stesso, oltre che Israele, prigioniero di Netanyahu e della sua necessità di "gestire" la tempesta giudiziaria che rischia di travolgerlo, ponendo fine alla sua carriera politica. I guai di Netanyahu potrebbero penalizzarlo in termini elettorali, come dimostrerebbero gli ultimi sondaggi che vedono il partito di Gantz aumentare il numero di preferenze, proprio a danno del Likud.
In ogni caso, non va dimenticato il paradosso che caratterizza questa vicenda: cioè che il principale responsabile dell'impossibilità di dare un governo ad Israele continuerà a ricoprire la carica di primo ministro fino alle prossime elezioni e magari anche dopo, finché non si giungerà alla formazione di un nuovo governo... ammesso che esistano numeri e condizioni perché questo avvenga.