Bisognerà attendere fino alle 17 per conoscere il risultato delle elezioni in Turchia, dove più di 56 milioni di persone sono chiamate a rinnovare il Parlamento e ad eleggere il nuovo presidente nei 180mila seggi sparsi in tutto il Paese.

Il presidente in carica, Tayyip Erdogan, ha anticipato di quasi un anno e mezzo la data del voto che avrebbe dovuto tenersi a novembre 2019, con la scusa che una conferma del consenso gli avrebbe permesso di affrontare meglio i crescenti problemi economici della nazione - con la lira turca che solo nel 2018 ha perso il 20% del proprio valore nei confronti del dollaro - e quelli relativi ai rapporti con i curdi nel sud-est della Turchia, in Iraq e in Siria.

In realtà, nel caso Erdogan dovesse vincere, i suoi poteri aumenterebbero ulteriormente in conseguenza delle modifiche apportate alla Costituzione con il referendum del 2017, passato con una risicata maggioranza di voti. Il nuovo presidente turco diverrebbe un "dittatore costituzionale", ma pur sempre un dittatore, in un Paese che, oltretutto, fa parte della Nato.

Ma a mettere i bastoni tra le ruote ad Erdogan ed al suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) vi è il Partito Popolare Repubblicano (CHP) che ha trovato in Muharrem Ince, il candidato presidenziale che sembra avere le carte in regola per radunare e galvanizzare intorno a sé l'opposizione politica turca, finora demoralizzata e divisa.

Nell'ultimo comizio da lui tenuto ad Istanbul, ad assistervi sono accorse centinaia di migliaia di persone... in un Paese in cui tutti gli spazi pubblici possibili ed immaginabili sono stati tappezzati da manifesti con la faccia di Erdogan.

Il guaio per l'attuale presidente è duplice: quello di dover andare al ballottaggio dell'8 luglio per essere eletto presidente e quello di vedere l'AKP perdere l'attuale maggioranza in Parlamento.

Nel caso si vada al ballottaggio, qualche elemento di incertezza per Erdogan potrebbe esservi. L'islamismo che il suo partito ha progressivamente fatto proprio per accrescere il proprio consenso presso la popolazione turca che abita fuori dalle grandi aree metropolitane, solleticandone anche il sempre vivo nazionalismo, non ha fatto mai presa sulla popolazione di Ankara, Istanbul e delle altre città che, però, ha in passato votato per Erdogan perché gli garantiva benessere e stabilità economica.

Ma adesso? La crisi economica crescente è diventata un elemento di incertezza per il risultato elettorale in Turchia ed è per questo che Erdogan ha voluto anticipare il voto, con la paura che un ulteriore peggioramento della condizione del Paese avrebbe potuto essere per lui fatale se le elezioni si fossero tenute l'anno prossimo.

Da vedere adesso se il rischio di anticiparlo sarà stata o meno una mossa vincente.