Saviano riprende il discorso sul fenomeno denominato "mafia capitale": la magistratura di Roma ha sentenziato che non è mafia è solo la solita corruzione che ha colpito il settore pubblico per cui possiamo stare tutti tranquilli: questo è il tipico sistema italiano per esorcizzare le situazioni imbarazzanti e compromettenti che dilagano nel nostro Paese.
Con questa consolidata consuetudine l’Italia è stata gradualmente trasformata in una palude che inghiotte tutto e tutti, è solo fortuna non caderne vittime.
Si sono disintegrate tutte le linee di demarcazione tra ciò che è legale e giusto con ciò che non lo è. Non ci sono più riferimenti, certezze. Si parla di “Stato di diritto” ma bisogna chiederci che significato riveste realmente soprattutto nelle varie procure nazionali, nelle “forze dell’ordine”, nelle amministrazioni pubbliche, negli ospedali e giù, giù fino alla piccola bottega artigiana, al piccolo negozio persino nei condomini; è molto diffusa nelle famiglie del ceto medio che hanno sconfitto la loro miseria abbrancandosi con i predatori che hanno distrutto tutto ciò che è stato costruito con i sacrifici, il lavoro e il denaro dei cittadini negli anni ‘60/’70.
L’Italia ormai ha abbracciato e vive costantemente nella celebrazione quotidiana della cultura mafiosa che si esprime in mille forme di violenza più o meno manifesta: nel ricatto del precariato, nei fallimenti indotti di molte vite, nella miseria imposta come punizione a coloro che non vogliono soggiacere alle ingiustizie, nelle menzogne e nelle verità distorte o taciute con la scusate di “evitare” un male maggiore, ci si potrebbero compilare libri per elencare tutte le ramificazioni di questo mortale fenomeno che strangolano la vita reale di questo Paese.
Pignatone non immaginava che nella capitale vi fosse una organizzazione sul modello mafioso così radicata e sistemica, ricordo l’espressione del Procuratore alla conferenza stampa con la quale informava la cittadinanza romana della grave situazione. Ma c’è qualcosa di più inquietante e pericoloso a circa 40 km da Roma.
Ero giovanissima quando mi fu detto che “Bracciano è una fotografia in scala minore del peggio del peggio a livello nazionale”, la persona che me lo disse evidentemente era all’interno dell’ingranaggio e, con il senno del poi, posso affermare alla luce della mia esperienza che aveva perfettamente ragione. Mi sembra doveroso parlarne facendolo con chiarezza, raccontando la verità che dovrebbe essere patrimonio comune e punto di riferimento per le nostre considerazioni, fornendo elementi autentici sull’origine di tali distorsioni culturali, sociali, economiche e morali, ponendo in evidenza cause e circostanze facendo nomi e cognomi degli autori.
La premessa necessaria per un’indagine conoscitiva onesta affinché diventi uno strumento utile per una valutazione personale è stabilire che in questo Paese la corruzione ha dilagato dall’alto verso il basso contaminando la maggioranza della collettività, trasformando gradualmente persone oneste in complici senza scrupoli.
È arrivato il momento per molti di scegliere da che parte stare e farlo con onestà e coerenza: il tempo della sconfinata zona grigia dove tutto è spiegabile, scusabile, accettabile, disonestamente interpretabile è giunto al termine; occorre rivalutare i colori puri, bianco o nero con una eventuale minima percentuale di grigio.
Per iniziare il discorso bisogna conoscere l’origine di una tale situazione, fino agli anni ‘70 la popolazione dei tre centri intorno al Lago di Bracciano erano in uno stato di arretratezza dovuto al sistema feudale sorretto dal regime fascista e clericale che come ho già precedentemente detto è stato restaurato alla fine del secondo conflitto mondiale dagli alleati e che ha preso ufficialmente le redini del nostro Paese con le ultime elezioni vinte dalla patriottica lista “Fratelli d’Italia”: è stato un lento e paziente cammino che ci ha riportati indietro di secoli e sepolti sotto un mostruoso debito pubblico (e non solo).
In questa zona l’economia era basata sulla coltivazione dei terreni del feudo degli Odescalchi (che erano subentrati agli Orsini), sull’allevamento - principalmente dei maiali e delle pecore - e dei manufatti prodotti dal centro industriale delle ferriere impiantate dagli Orsini nel 1500 ( si possono definire i primi produttori e trafficanti di armi) dove sotto la gestione dei francesi venivano fabbricate palle di cannone con il ferro estratto dalle miniere dell’isola d’Elba e trasportato via mare al porto di Piombino e via terra con carri trainati da animali da tiro fino al “Fornaccio” dove veniva fuso e trasformato in barre per essere impiegato nelle vicine ferriere.
I meccanismi per la produzione dei manufatti erano alimentati dall’acquedotto della Fiora, vi era un impianto idrico ad hoc che serviva a far funzionare le forge e i magli attraverso ruote idrauliche mosse dalla caduta dell’acqua raccolta nel “bottaccio” una enorme vasca ad imbuto adiacente la ferriera la cui valvola veniva aperta all’occorrenza. Nel 1870 con l’unificazione dell’Italia i francesi lasciarono tutte le attività e i fratelli Pomponi - fabbri provenienti dalle Marche - subentrarono nella gestione della ferriera dove venivano prodotti attrezzature da taglio e per le attività agricole. Vi era anche una produzione di oggetti artistici in ferro battuto. Lo stesso sistema idrico serviva anche ad altre attività non ultimo per annaffiare dei terreni agricoli limitrofi.
Negli anni ‘70 mi battei strenuamente esponendomi in prima persona e ottenni che la Soprintendenza ponesse un vincolo per la conservazione dell’immobile gestito per più di un secolo dalla mia famiglia e nel quale sono tutt’ora presenti i macchinari originari ancora funzionanti, questa preziosa testimonianza di archeologia industriale era stata destinata alla demolizione per essere sostituita da una serie di “villette a schiera”, nonostante tutto nel corso degli anni l’immobile storico è stato circondato dallo scempio edilizio realizzato dai soliti speculatori.
Da questa esperienza posso iniziare a parlarvi dei sistemi operativi delle cricche che agiscono nel territorio di questo sfortunato paese, questo modello è ormai diffuso su tutto il territorio nazionale, ve ne voglio parlare con l’intento di invitarvi a riappropriarvi del vostro ruolo primario di cittadini e operare costruttivamente nei vostri luoghi di residenza per contrastare questo immane scempio che ha distrutto l’ambiente e le possibilità di uno sviluppo sostenibile, oggi tutto questo strapotere domina e soffoca il futuro delle nuove generazioni e ha mandato in malora i sacrifici fatti da tutti coloro che hanno lavorato per ricostruire un Paese distrutto dalla guerra.
La speculazione risalente alla fine degli anni ‘70 sulla ferriera Odescalchi aprì uno spaccato su un sistema formato da personaggi senza scrupoli che sceglievano zone vincolate e non sulle quali realizzare speculazioni edilizie spazzando via tutti coloro che gli si opponevano, sia proprietari che terzi che detenevano con titolo la disponibilità dell’area o dell’immobile come nel caso della mia famiglia.
La via che collega Bracciano al lago passa attraverso la zona archeologica industriale, il parco del castello Odescalchi e la collina dove vi è la “chiesetta del Riposo”: l’area industriale, il lavatoio pubblico e un’altra costruzione storica stranamente risultarono essere stati esclusi dal vincolo di interesse storico e paesagistico per questo iniziò l'attività degli speculatori per sfruttare la situazione. L'estensione del vincolo avrebbe protetto e preservato anche il sistema archeologico industriale che sarebbe dovuto diventare una scuola di arte e mestieri e rientrare nei circuiti turistico-culturali invece quasi tutte le costruzioni prive di protezione, negli anni, sono state oggetto di trasformazioni e cambi di destinazione d'uso ( ovviamente mini appartamenti) adottando uno “stile architettonico” mediocre e inserendo una palazzaccio nel mezzo.
Prendiamo la collinetta dove sorge la chiesetta del Riposo, un punto panoramico straordinario, nella valletta dietro l’immobile è stato realizzato un palazzone vergognoso: come mai in una zona vincolata per valore storico e paesaggistico si è potuto compiere uno scempio del genere? Fu usato un banale espediente: l’altezza della costruzione non doveva superare “a vista” la base del monumento (occhio non vede, cuore non duole).
C’è un altro particolare legato al nome della chiesa, erroneamente si dice che fu costruita durante il periodo di riposo delle mura del castello in costruzione per questo è indicata come la "chiesetta del Riposo", non è assolutamente vero. Dove sono stati costruiti una serie di appartamenti vi era il cimitero del paese. Fu trasferito perché quando pioveva i morti venivano trascinati nella strada sottostante quindi per motivi igienico-sanitari fu scelto un sito posto più in alto per evitare l’inconveniente. Sono dell’opinione che non sono i morti a disturbare i vivi ma i delinquenti e che quella zona doveva essere preservata da quello scempio. A mio avviso la responsabilità cade principalmente in capo alla magistratura che non è stata sufficientemente capace di tenere al guinzaglio quei predatori, anzi…
In quel periodo scrivevo articoli per il giornale locale “Il Fogliaccio”, per il vincolo della Sopraintendenza fui aiutata dal direttore Renato Carocci che, successivamente mi rivelò che dietro l’operazione speculativa vi era una società per azioni occulta, i soci avevano versato una quota di 5 milioni di lire e fece alcuni nomi. Per la prima volta mi resi conto che avevo trattato con un prestanome che aveva alle spalle un sistema che gli garantiva una copertura a 360° da ogni responsabilità penale e civile.
Di lì a poco, il sindaco pro tempore Danilo Pezzillo (PSI) tramite mia cognata Luciana Fino in Pomponi mi convocò presso la sua abitazione per comunicarmi la sentenza emessa dalla cricca di cui faceva parte, riporto fedelmente solo la frase più significativa: “Sei una persona onesta ma ci sono persone che si vendono per un caffè. Sono servi in cerca di padrone. Hai ottenuto il vincolo ma ricordati che noi distruggeremo tutto quello che farai, era meglio che eri morta”.
È stato di parola! I servi hanno svolto il loro ruolo in maniera eccellente, hanno permesso ai loro padroni di distruggere tutto quanto ho realizzato.
Quando si parla di “Stato di diritto” molti cittadini dovrebbero riflettere guardando con attenzione cosa sta accadendo intorno a loro allora inizieranno a prendere coscienza di vivere in un Paese che funziona “alla rovescia” e la soluzione non consiste nel guardare dall’altra parte.
Questo è il primo tassello per ricomporre un quadro realistico di un diffuso clima di sordida violenza e di silente ingiustizia che è stato imposto a troppi cittadini onesti e vi accorgerete che il modello “Bracciano” è diffuso in tutto il territorio nazionale.
(prima parte...)