A differenza del mondo occidentale, dove religione e culto della fede detengono ambiti separati da tribunali e organi giudiziari, così come sono distaccate dalla politica, al contrario nella Repubblica islamica la “giurisprudenza religiosa” identifica nel Corano la fonte di ogni regola civile e morale insieme al centro spirituale che guida il musulmano. Ovvero la fede in Allah è citata come principio di ogni ragionamento giuridico.
A questo si aggiunga che la tradizione coranica, ispiratrice del diritto, è da sempre ritenuta la base delle regole sociali, motivo per cui l’idea dei “diritti umani” stenta a germogliare in un contesto culturale dove la priorità è data dai bisogni della comunità e non da quelli dell’individuo.
Essendo la normativa giuridica basata esclusivamente sui precetti islamici e gestita da qualificati teologi che vigilano con funzioni di magistrati, ne deriva che l’applicazione di codici e leggi trovano ambivalenza soprattutto nei luoghi fisici, come le moschee per esempio, a metà fra sede di culto e tribunale e, viceversa, le virtù etiche della tradizione dell’Infallibile Profeta e dei santi Iman, sono materia per punire e condannare nei luoghi dove le autorità giudiziarie esercitano il loro mandato.
Su quest’onda di pensiero la punizione contro i reati sottintende il castigo da un punto di vista morale, inflitto con la mortificazione in pubblico attraverso pene corporali quali amputazioni, accecamenti, fustigazione.
E’ bene ricordare che la fustigazione per violazione di morale, nella religione islamica, è una sorta di rito per scacciare i demoni, praticato anche nelle scuole coraniche per punire studenti refrattari alla memorizzazione dei versetti del corano. La frusta si usa anche contro scioperanti nei luoghi di lavoro, contro uomini e donne che hanno ecceduto alle feste di compleanno, giornalisti in vena di scrivere scomode verità.
Le leggi iraniane prevedono le frustate per oltre 100 reati tra cui furto, aggressione, vandalismo, diffamazione, frode, adulterio, relazioni illecite, omosessualità: l’avvocatessa Nasrim Sotoudeh oltre alla pena di reclusione di 38 anni da scontare nel penitenziario di Evin a Teheran, ha ricevuto la pubblica punizione ( mortificante) di 148 frustate per incitamento alla corruzione ed alla prostituzione, poiché nell’ interpretazione del corano è considerato peccaminoso presentarsi in pubblico senza velo.
Il giudice che le ha inflitto il massimo della pena si chiama Mohammad Moghiseh e, sembrerebbe, aver ricevuto l’incarico solo qualche settimana fa dall’Ayatollah attuale, così da pianificare congiuntamente le condanne a coloro che vengono considerati “scomodi”. Dinamiche del tutto normali in Iran, in quanto sancite dall’art.7 della Costituzione: ”In osservanza alle prescrizioni del Corano “per i loro affari si consigliano fra loro (42:38) “consigliatevi con loro (3:152)” in riferimento ai principali organismi decisionali e amministrativi del paese quali i Consigli: Assemblea Nazionale, Consigli Regionali, Consigli Provinciali, Consigli Comunali, di quartiere, di distretto, di villaggio. Gli ambiti giurisdizionali e le responsabilità di tali Consigli sono stabiliti dalla presente Carta Costituzionale e dalle leggi da essa derivanti.
Quindi se il potere in carica è disturbato da infiltrazioni o rivoltosi, delega un giudice-teologo affinché vengano applicate le condanne: ma è davvero una prassi legittimata dal Corano? Oppure l’Ayatollah Khomeini nel 1979 ha cambiato le carte in tavola con un interpretazione soggettiva della giurisprudenza religiosa utile al suo trono?
L’art.1 della Costituzione iraniana ci fornisce la risposta: “Lo Stato dell’Iran è una Repubblica islamica che la nazione dell’Iran sulla base della fede tradizionale nel governo della verità e della giustizia (rivelato) nel Corano, in seguito alla vittoria della rivoluzione islamica guidata dall’Ayatollah Al Ozma Imam Khomeini, ha approvato con il referendum nazionale svoltosi il 30 e 31 marzo 1979, esprimendo voto positivo di ratifica con una maggioranza del 98,2% dei votanti.
E’ chiaro quindi come, partendo da questo presupposto, l’Ayatollah abbia strumentalizzato l’Islam, religione con contenuti di altissimo livello etico morali, come fosse un'arma che punta a soggiogare l'individuo, avvalendosi di piani spirituali che, per sua natura, il potere temporale non può avere.
Gli articoli che iniziano “in conformità al versetto coranico… ”, sono una mescolanza fra religione e giurisprudenza, dannosa causa dell’attuale situazione, purtroppo irreversibile in quanto legittimata a condannare solo perché supportata dalla Costituzione. Neppure l’ONU o le Istituzioni mondiali per i diritti umanitari hanno il potere di cambiare quest’ordinamento giuridico ed è davvero come sbattere contro il muro.