Immaginate di vivere in Italia ai tempi del padre della lingua italiana, il sommo poeta Dante Alighieri, di cui si stanno festeggiando i 700 anni dalla morte.
Avreste vissuto in un periodo di profonde divisioni politiche che sfociavano molto spesso in lotte fratricide tra le città e in città tra un quartiere e l’altro.
Il sangue scorreva tra guelfi e ghibellini, tra chi sosteneva l'imperatore e chi il papa.

Era un mondo quello dove anche la chiesa era divisa, dove papi ed antipapa si facevano la guerra, senza esclusione di colpi, a suon di scomuniche e di crociate.

Anche la storia successiva del nostro paese è una storia di divisioni, nonostante esista già nei pensatori e nei poeti un idea di Italia, a differenza degli altri paesi europei, Francia, Spagna ed Inghilterra, dove si è già raggiunta la dimensione di stato unitario intorno al XV° secolo.

Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani” con questa frase, che si attribuisce a Massimo D’Azeglio, s’intende che il movimento risorgimentale che aveva portato all’unificazione, ancora parziale, nel 1861 dell’Italia, rimaneva ancora un paese diviso, nel popolo sia in termini di lingua parlata, così come di usi e consuetudini.

Solo con i due conflitti mondiali, il popolo ha trovato il suo senso unitario, il suo sentirsi una cosa sola.

Oggi il mondo della politica offre invece ogni giorno di più una immagine di frammentazione di sapore medievale, con signorotti che lottano per il loro potere personale.

È un mondo dove grandi e piccoli leader combattono contro la disgregazione o per l'affermazione del loro spazio vitale.
Il fenomeno della frammentazione, anche se già presente precedentemente, ha assunto gli attuali connotati dopo il periodo di Tangentopoli, quando i maggiori partiti, DC, PSI e PCI, sono stati coinvolti in un processo di disgregazione, più o meno veloce.

L'ex PCI, con la svolta di Occhetto, non ha più frenato la sua suddivisione tra leader massimalisti e riformisti, tutti alla ricerca di un proprio feudo su cui governare ed anche all’interno del PD la lotta tra correnti è serrata.

Il M5S, come una vera stella, è cresciuto fino alla scalata al potere per poi deflagrare, dopo aver tradito in mille modi la sua missione, in una fuoriscita emorragica di parlamentari e senatori.

Con la figura di Conte posto a capo del partito, ci sarà sicuramente una ulteriore forte fronda interna che creerà nuove baronie, sull'esempio di Paragone ed il suo movimento.

Resiste meglio, a questa frammentazione dei partiti, il centro destra.
Una ragione può essere nel fatto che essendo “partiti del leader”, diventa difficile creare alternative o sotto feudi.
Il carisma di Giorgia Meloni e di Salvini creano una forte fedeltà impedendo le fuoriuscite o la ricerca di creare alternative.

In questo contesto anche i liberali, gli unici che hanno ancora a loro guida un sistema ideologico forte e ben supportato da una tradizione, il pensiero liberale, siano divisi in piccoli gruppi quasi in singolar tenzone tra di loro.

Per divenire credibili di fronte all’elettorato occorre unire le forze, magari studiando una federazione che diventi casa comune di tutti i gruppi che si richiamano ai principi liberali

Solo questa è la strada per poter presentare al paese un'alternativa all'attuale realtà politica.

Scegliere il bene del paese e dei cittadini, mettendolo come priorità nell'azione politica.

Impiegare le risorse umane più adeguate e preparate, per portare in porto la riforma dello stato, necessaria a portare l'Italia tra le nazioni guida europee.

Non disperiamo più le nostre forze e le nostre energie e lavoriamo insieme a ricostruire una forza liberale importante nell'arena politica.

Abbiamo un bagaglio di tradizione politica ancora riconosciuta dagli elettori, abbandoniamo la mentalità dei piccoli potentati che non portano a nulla e troviamo la via per dialogare, tutti insieme, alla ricostruzione di una forza liberale forte.

I tempi sono maturi per comprendere la lezione della storia e cioè che i guelfi ed i ghibellini di Dante, divisi non permisero all’Italia di divenire una nazione, divenendo così preda facile di Francia e Spagna.