Il venti settembre del 1870, giusto centocinquanta anni fa, Roma diventa una città del regno d’Italia. Solo l’anno successivo, la capitale verrà spostata da Firenze a Roma. 

Durante un discorso al parlamento del Regno di Sardegna, nel 1860, Cavour dichiara apertamente di voler fare della città eterna, la capitale del Regno. Prima della conquista militare, ci sono state una serie di trattative tra lo stesso Cavour e l’ambiente ecclesiastico per cercare una soluzione che assicurasse l’indipendenza papale e la piena libertà della chiesa sul piano spirituale. I trattati, nei primi mesi del 1861 s'interrompono. La situazione è complicata dall’ingerenza dell’imperatore dei francesi Napoleone III che si erge a paladino del Papa, mantenendo una guarnigione militare nella città. 

La battaglia di Mentana tra i volontari garibaldini e le truppe pontificie coadiuvate da un battaglione francese, aveva dimostrato che, finché l’impero napoleonico si fosse impegnato a proteggere il potere dei Papi, non solo alcun corpo di volontari armati alla meglio, ma nemmeno il Regno d’Italia e le sue truppe regolari avrebbero avuto la forza di conquistare la città. Quest'ostacolo viene improvvisamente meno nel 1870 in conseguenza della situazione politica europea ed in particolare dallo scoppio, nel mese di luglio, della guerra franco prussiana. Il 4 settembre cade il secondo Impero ed in Francia viene proclamata la Terza Repubblica. Questo evento apre alle truppe del Regno, guidate dal generale Cadorna, la strada per Roma. 

Dopo più di mille anni, termina il potere temporale dei Papi cioè da quando per donationis titulo, il sovrano longobardo Liutprando cede a Papa Gregorio VII, il castello di Sutri. Inizia da quel momento il potere temporale della chiesa che assume il nuovo ruolo politico-istituzionale. Se con il 1870 cessa di esistere lo Stato Pontificio, rimane in vita la Santa Sede come entità internazionale; soprattutto, la Chiesa mantiene un potere di condizionamento su una fetta degli italiani tanto vasta da non poter certamente essere ignorata dal nuovo Stato. Il governo vara la legge delle Guarentigie, con questo provvedimento, l’esecutiva mira a regolare il rapporto con il pontefice. Lo Stato italiano s'impegna a vegliare sull’inviolabilità della persona del capo della Chiesa ed a considerarlo quale governante di un paese straniero.  Il nuovo, minuscolo Stato, è difeso da guardie armate dipendenti dal papato e su di esso non si applica la legge del Regno d’Italia. La Santa Sede, inoltre, mantiene intatta la propria rete diplomatica. Tali misure, però non possono soddisfare Pio IX, che chiude ogni rapporto con lo Stato italiano. I rapporti tesi termineranno con la sigla dei patti Lateranensi, che porteranno oltre alla pace, anche lo scempio di via della Conciliazione che rovinerà il progetto architettonico del Bernini.

La Presa di Roma o Breccia di Porta Pia, è l’ultimo episodio risorgimentale ed è celebrata come un’impresa dal punto di vista storico e dell’importanza dell’evento. Dal punto di vista militare, invece, fu un’operazione di poco rilievo, vista la diversità delle forze in campo e soprattutto l’assenza delle truppe francesi. Del resto l’intero Risorgimento è costellato di sconfitte e magre vittorie (impresa dei Mille). Senza l’arguzia politica di Cavour, che ha cambiato alleanze politiche in base alle proprie strategie e alle convenienze di casa Savoia, l’unità italiana sarebbe stata ben lungi dal venire. Rimangono scolpite nella pietra le storie di singoli uomini che hanno sacrificato la vita per l’Italia. Con Roma capitale, si avvera il loro sogno. L’elenco sarebbe troppo lungo, però vale la pena ricordare Mazzini, Manara, Menotti, Pisacane, i fratelli Bandiera, Manin, Mameli.