Amerigo Ciervo (Moiano, Benevento 1952) è autore di saggi e di ricerche  storico-antropologiche, ha insegnato filosofia e storia, per un trentennio, al liceo classico "P. Giannone" di Benevento. Con il fratello Marcello ha fondato e diretto la storica esperienza artistico culturale de iMusicalia all'interno della quale ha prodotto una decina di CD e molti libri.

“Non stiamo a casa, a seguire gli eventi sui social. Scendiamo nelle piazze, come hanno fatto a Bologna. Con questi seminari vogliamo offrire uno spazio di riflessione a tutta la città. La nostra finalità è Resistere, difendere la Costituzione”. Con queste parole accorate, Amerigo Ciervo, presidente provinciale dell'ANPI dal 2016, ha  introdotto  il ciclo degli incontri sulle tematiche storiche, filosofiche e d’attualità, che si terranno dal novembre 2019 al maggio 2020,nel salone “Giuseppe Di Vittorio” della Camera del lavoro di Benevento.

Da tempo desideravo incontrarlo, anche per l’estrema versatilità di pensiero che traspare dai suoi scritti, in cui la filosofia è sorpresa a dialogare con la poesia, con l’arte, la scienza, il diritto, la politica. 
Dal nostro dialogo è nata l’idea di ricavare questa intervista.

Caro Professore vorrei iniziare la nostra intervista con una citazione di Giuseppe Mazzini “Nei tempi antichi, barbari e feroci, i ladri s'appendevano alle croci: ma nei presenti tempi più leggiadri, s'appendono le croci in petto ai ladri.” Cosa ha da dichiarare in merito?La frase di Mazzini è molto bella e di sicuro effetto. Mi sembra possa fare il paio con un celebre passaggio brechtiano: “Che cos’è rapinare una banca a paragone del fondarla,  una banca?” Sono quei paradossi, estremi, che, però,  hanno il merito di illuminare a luce piena  un pezzo non irrilevante di verità. La frase mazziniana   rimanda, a mio giudizio,  all’uso, spesso improprio se non proprio indecente,  della simbolica religiosa, così come c’è stato dato di vedere, per esempio,  in questi ultimi tempi, tra rosari esibiti, cuori immacolati e presunti messaggi della Vergine fatti pervenire a qualche politico italiano molto presente, ahimè, nella nostra vita politica. Premesso che – e lo dico da credente -   sarebbe utile e opportuno tenere distinti i piani, mi sembra che l’utilizzo della religione cristiana,  fatto da taluni “ladri con le croci in petto” vada, invece,  proprio nella direzione contraria rispetto a quella indicata e sempre riaffermata dal Cristo.  Si potrebbe mettere in fila una serie di passi tratti -  per fermarsi al Nuovo Testamento -   dai quattro evangelisti, dalle lettere apostoliche, dalla storia dei primi cristiani raccontata negli Atti degli apostoli per comprendere che ne simbolo della Croce, verità centrale del Cristianesimo,  si innervano carità, disponibilità, condivisione e inclusione, innanzitutto nei riguardi degli ultimi, dei più poveri e dei più deboli, senza preoccuparsi di chiedere loro il passaporto o la carta d’identità.  Ma quelli che si appendono le croci al petto – Mazzini pensa di sicuro a vescovi e cardinali e   anche a me viene da pensare  a  certi ecclesiastici ma, soprattutto, a una grossa fetta  di  italiani, molti dei quali si dicono cattolici,  che camminano su una strada  opposta al dettato cristiano, la strada dell’ odio, del rancore, dell’indisponibilità, del rifiuto, insomma, dell’esclusione.    


Questo continuo ricorrere alla suggestione di certa politica ,intesa a manipolare basandosi sui sentimenti umani,significa che non si è più capaci di proporre argomentazioni logiche abbandonando l'antica arte della persuasione?
Per utilizzare l’argomentazione logica mi sembra necessario studiarla, la logica. Così come appare insostituibile lo studio della storia. Ma noi scontiamo un rifiuto generalizzato, mi pare, di tutto ciò che riguarda l’approfondimento della complessità della realtà che ci circonda che si pensa possa essere fatta propria semplificandola, cioè, alla fine  banalizzandola e finendo per schierarsi a vantaggio di una posizione o di un’altra come se si trattasse di tenere per una squadra di calcio. A tale situazione concorrono, nell’ordine il fallimento della politica, la strumentalizzazione della narrazione dei media, l’uso improprio dei social. La paura, dopo una crisi lunghissima e, come sembra, complicate  possibilità di fuoriuscita, la si comprende perfettamente. 


Non ha caso si è parlato dei cosidetti "imprenditori della paura". Professore qual è la sua opinione?Le fasi di trapasso, di cambiamento espongono molte persone a seguire a occhi chiusi taluni “imprenditori della paura” che, su tali apprensioni e preoccupazioni ci costruiscono politiche e, quello che per loro  più vale, carriere. Da qui la necessità di una “rivoluzione culturale” prima che politica e la conoscenza, in tal senso, assume un ruolo fondamentale. E, citando un grande classico della nostra letteratura,  “Pinocchio”,  “i  burattini non crescono mai, nascono burattini, vivono burattini e muoiono burattini”, è legittimo chiedersi come fare per uscire dalla dimensione del “burattino”? L’unica strada che io conosco è rendendo il nostro pensiero e il nostro giudizio liberi e indipendenti. Utilizzando al meglio il “tempo libero”, che in greco si dice, appunto, “skolé”,  scuola. Del resto, per tornare al nostro problema, alle mie alunne e ai miei alunni ho sempre ripetuto che il comportamento degli immigrati sia straordinario …  Conoscendo ciò che gli europei  hanno fatto, negli ultimi secoli, in Africa (dalla colonizzazione, al furto di materie prime e allo schiavismo ecc. ) essi avrebbero tutto il diritto  di ribellarsi ma, magari, di appiopparci  anche qualche calcione… Guardando verso il basso, dice un antropologo, non vedo radici, vedo solo i miei piedi. Il primo diritto degli uomini è di abitare la terra, che non è nostra, e quindi muoversi, andare da un posto all’altro, errare. Ma sembra che tale diritto sia riservato solo ad alcuni.               

Rula Jebreal è una giornalista e scrittrice palestinese. Bella, colta e antirazzista. Non piace ai sovranisti e l’ipotesi della sua presenza al festival di Sanremo, oggi negata dai vertici di piazza Mazzini,ha scatenando sui social insulti di ogni tipo. La parola spaventa sempre? Il caso di Rula Jebreal è l’ennesima cartina di tornasole di ciò che il nostro paese sia diventato. O, se vogliamo, di cosa sia sempre stato e di ciò che, in questi ultimi anni, non abbia più vergogna di manifestare apertamente, senza remore. Piero Gobetti sosteneva che il “fascismo è l’autobiografia della nazione”. Rula è, appunto, tutto ciò che tu descrivi, che è proprio quello che fa più paura al “fascismo” – e indico il concetto tra virgolette – che molti italiani si portano in pancia. Quanto alla Rai, mi sembra che la decisione sia un’ulteriore, lampante anticipazione di cosa ci aspetterebbe se un certo potere  s’insediasse nelle istituzioni. 

Identità o incontro: su cosa si poggia la nostra condizione di essere umani?E’ chiaro che sia l’incontro il fattore su cui poggia la nostra condizione di esseri umani. Di un’identità abbiamo bisogno, ce la costruiamo con fatica attraverso le risposte che la cultura dà alle domande fondamentali, materiali o spirituali che siano. Ma l’identità non deve trasformarsi in una corazza. Nell’incontro, viceversa, ci si scambia le proprie culture come doni che finiscono per arricchire tutti. Lo so. In questi tempi di chiusure e di muri che vengono innalzati  appare complicato. Ma non dovrà mai venire meno il principio-speranza. Nessun uomo è un’isola e, fortunatamente, abbiamo porte e finestre.  Nell’incontro è il destino degli esseri umani.