Recentemente il Ministero della Sanità ha pubblicato una classifica delle regioni basata sulla valutazione dei Livelli Essenziali di Assistenza  (LEA)  che ha messo in evidenza nei numeri alcuni fatti importanti.

  • I difetti di assistenza  del servizio sanitario nazionale sono da cercare in quello che manca  e non in quello che c’è. Nelle posizioni di fondo classifica la non performance si colloca nell’intorno del 50%.

  • Le differenze  tra primi e ultimi mettono in evidenza un diverso servizio che dovrebbe essere uguale per tutti sia nel rispetto dei diritti costituzionali  sia per l’uguaglianza dei criteri di contribuzione.

  • Il confronto tra regioni completamente diverse tra loro nel numero di abitanti, nella relativa densità (nr/ kmq)  e nella posizione geografica  conferma la necessità di eliminare quelle piccole (10 delle 21 non arrivano a   2  milioni di abitanti) accorpandole con quelle confinanti.

  • Visto che i confini tra le regioni non sono blindati da muri ma sono inesistenti l’alternative all’inefficienza possono essere cercate in altre diverse da quella di appartenenza  e in alcuni casi di maggiore prossimità.

È quindi facile concludere che non esistono le condizioni per la creazioni di autonomie ma anzi deve intervenire il Governo centrale per fare recuperare velocemente chi e’rimasto indietro e apportare modifiche organizzative che vanno ben oltre le gestioni locali.

I principali interventi necessari e risolutori di molte inefficienze sono:

  • Rimborso economico delle spese sostenute verso il privato ogni volta che il servizio nazionale pubblico o convenzionato non è in grado di performare. Non si tratta di una preferenza del privato verso i pubblico ma dell' obbligo di garantire a tutti lo stesso servizio in temini di qualità, tempi e costi. Il miglioramento è immediato mentre l’intervento sul pubblico richiede anni e comunque costa.

  • Modifica dell’attuale servizio di medicina di base eliminando il legame medico – paziente  e sostituendolo con uno nuovo di ambulatorio – paziente  dove lavorano i medici come dipendenti del servizio sanitario nazionale ( e non come liberi professionisti )  su turni di 6 ore al giorno per 6 giorni alla settimana garantendo verso l’utenza un servizio più esteso sia nei contenuti che nel tempo. Oggi, in un percorso di cura anche di media gravità si incontrano decine di dottori che se ne occupano e nessuno di loro ha contatti con il medico di base che  a sua volta non e’informato su quanto accade al suo paziente.

  • Inserimento nell’attività ‘ di cui sopra delle piccole medicazioni e della diagnostica “ just in time”. Gli esami definiti necessari a seguito di una visita  devono essere resi fattibili nello stesso ambulatorio in giornata (prelievi per analisi, elettrocardiogramma, ecografie, radiografie e altri simili)  ed eseguiti dai medici in turno coadiuvati da personale tecnico qualificato. 

  • Riduzione dell’uso del pronto soccorso avendo risolto i piccoli problemi negli ambulatori  e ridotta l' accessibilita' solo a fronte di una prescrizione medica di emergenza (guardia medica). Nel caso di evidenti necessita  di ricovero  può avvenire  l’accesso diretto al reparto  ospedaliero saltandone il transito. 

  • Aumento delle attività di prevenzione ormai accertate come essenziali per ridurre le cure rendendo un “check up” annuale obbligatorio per tutti e a pagamento. Dato che il tagliando del nostro corpo  è più importante di quelli dell’auto o della caldaia si possono cambiare le priorità e le frequenze.

Concludo citando per intero l’articolo  3 della costituzione:

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. 

O in altre parole non può esistere un sanità di seria A e un’altra,magari a pochi chilometri di distanza, di serie B.