Venerdì 4 maggio con la prima frazione a cronometro ha preso il via in Israele il 101mo Giro d’Italia, per la soddisfazione di Benyamin Netanyahu che si è detto emozionato e felice soprattutto per Gerusalemme, città della pace.

Peccato che nelle stesse ore in cui la festosa e colorata carovana del Giro rallegrava il premier Netanyahu, a pochi chilometri di distanza, sulla striscia di Gaza, mentre la Marcia del Ritorno dava vita al sesto venerdì di protesta i cecchini israeliani ricominciavano ad esercitarsi nuovamente al tiro al piccione sparando contro i manifestanti palestinesi.

Agghiacciante il video in cui alcuni cecchini esultano per aver centrato un ragazzo palestinese.

Dal 30 marzo, cioè da quando ha avuto inizio la Grande Marcia del Ritorno, nei sei venerdì della manifestazione i cecchini di Netanyahu hanno ucciso 40 palestinesi e ne hanno feriti oltre 2000.

Non mi sorprende che, nonostante il perdurare di queste violenze, RCS e La Gazzetta dello Sport non abbiano esitato a portare la carovana del Giro in Israele perché, come scrisse Olivier H. Beauchesne, “chi crede che con il denaro si possa fare di tutto è indubbiamente pronto a fare di tutto per il denaro”.

Mi sorprende e sconcerta, invece, che la diplomazia italiana e quelle occidentali facciano finta di non vedere gli assassinii che si replicano ogni venerdì sulla striscia di Gaza e tacciano.

Eppure sono le stesse diplomazie che di fronte alla sola supposizione che l’ex spia russa Sergej Skripal e sua figlia fossero stati avvelenati con gas nervino dai servizi segreti russi, senza neppure attendere i riscontri delle analisi, hanno decisa la immediata espulsione, dai diversi paesi, di decine di diplomatici russi.

Così come, solo nutrendo il sospetto che su Douma possano essere state usate armi chimiche, USA, Francia e Gran Bretagna non hanno indugiato a bombardare con missili il territorio siriano.

Per contro è assordante il silenzio con cui le diplomazie delle cosiddette democrazie occidentali assistano al feroce assassinio dei suoi oppositori perpetrato dal sultano turco Erdogan.

Evidentemente i morti assassinati non meritano tutti identica indignazione e condanna da parte delle diplomazie occidentali e del ONU.