"Data la situazione catastrofica presso l'acciaieria Azovstal e per fini esclusivamente umanitari, le forze armate russe offrono ai militanti dei battaglioni nazionalisti e dei mercenari stranieri di porre fine alle ostilità e deporre le armi a partire dalle 06:00 ora di Mosca del 17 aprile. Le vite di tutti coloro che deporranno le armi saranno risparmiate".
Questo è ciò che secondo Mikhail Mizintsev, capo del Centro gestione della difesa nazionale russa, è stato offerto agli ultimi militari ucraini che ancora stanno combattendo a Mariupol. Tra costoro, sempre secondo fonti russi vi sarebbero anche combattenti, circa 400, provenienti dal Canada e da Paesi dell'Unione europea.
L'offerta dovrebbe scadere alle 13 ora locale. Sempre da fonti russe, nei dialoghi via radio intercettati (ce ne sarebbero stati 367 solo nelle ultime 24 ore) gli ultimi difensori di Mariupol avrebbero chiesto a Kiev il permesso di deporre le armi e di arrendersi, ricevendo però come risposta che se lo avessero fatto sarebbero stati in futuro passibili di essere passati per le armi.
A far da contraltare delle dichiarazioni russe, quelle del presidente Zelenskyy che invece minaccia di porre fine a qualsiasi tipo di negoziazione se i soldati russi continueranno a commettere i crimini finora commessi contro civili e militari ucraini, includendo gli ultimi difensori di Mariupol.
Zelensky ha comunque chiarito che i colloqui di pace non potranno risolversi in un unico incontro, indicando quali siano i punti di contrasto, tra l'altro già ampiamente noti, a partire dalla questione della definizione dello status dei territori occupati del Donbass e della Crimea, per poi arrivare a come dovrebbe essere intesa e attuata una possibile neutralità da parte dell'Ucraina. Un problema aggiuntivo sarebbe rappresentato anche dalla formalizzazione degli accordi di pace che per i russi dovrebbero essere riuniti in unico documento, mentre per gli alleati Ucraini dovrebbe esserci un documento separato relativo alle garanzie di sicurezza dei Paesi partner.
Intanto si continua combattere. Per lo Stato maggiore della difesa ucraina, le perdite russe avrebbero raggiunto il numero di 20.300 soldati dal 24 febbraio. Questo, invece, l'elenco aggiornato dei mezzi militari andati distrutti: 773 carri armati, 2.002 veicoli corazzati da combattimento, 376 pezzi di artiglieria, 127 lanciarazzi multipli, 66 missili terra-aria, 165 aerei, 146 elicotteri, 8 navi, 76 depositi di carburante, 148 droni e 4 sistemi di lancio di missili balistici.
E mentre a Kiev le persone tentano di riprendere una vita normale, nonostante alla periferia si registrino ancora delle esplosioni, ad est continua, da parte della Russia, la sistematica distruzione di villaggi e città tramite bombardamenti aerei, lancio di missili e colpi di artiglieria, come dimostrano gli attacchi ininterrotti nelle ultime 24 ore su alcuni quartieri di Kharkiv, oppure quelli contro quattro condomini a Sievierdonetsk nell'Oblast di Luhansk. Bombardamenti che hanno come principali vittime i civili, bambini compresi.
Nonostante ciò, come riferito dal vice primo ministro Iryna Vereshchuk, i russi non hanno permesso per oggi alcun accordo con la controparte ucraina per consentire l'apertura di corridoi umanitari per l'evacuazione dei civili.
La presidente della Commisisone Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato al quotidiano tedesco Bild un nuovo piano di sanzioni che avrà come obiettivo il settore bancario e prenderà di mira, in particolar modo, la Sberbank, la principale banca del Paese.
Aggiornamento ore 19
Mentre il difensore civico Lyudmyla Denisova ricordava che a causa del divieto russo di impedire a Mariupol l'ingresso di convogli umanitari che rifornissero la città assediata ormai da quasi due mesi con cibo, acque e medicinali rendendo così ancor più precarie le condizioni degli oltre 100mila residenti ostaggio dei combattimenti, in un'intervista con la ABC, il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha affermato che le forze di Kiev rimaste a Mariupol stanno ancora combattendo e lo faranno fino alla fine, precisando che hanno respinto l'offerta di resa proposta dai russi.