Quella di sabato 21 gennaio è la terza manifestazione in Israele organizzata dagli oppositori del governo di Benjamin Netanyahu che scendono in strada per protestare contro le proposte del ministro della Giustizia Yariv Levin per la riforma del sistema giudiziario con cui si vuole limitare il potere di veto della Corte Suprema e imporre un controllo politico sulla nomina dei giudici.

La protesta della settimana scorsa ha visto circa 80.000 persone riunite a Tel Aviv in Piazza Habima. Per tale motivo, la polizia, già in paio d'ore prima dell'inizio previsto ha provveduto a chiudere alcune strade del centro della capitale israeliana, anche per evitare incidenti.

Ma la protesta è estesa a tutte le principali città dello Stato ebraico. Manifestazioni sono previste a Gerusalemme, davanti alla residenza di Netanyahu; ad Haifa, al centro commerciale Horev; a Beer Sheva, nei pressi del municipio; ad Herzliya, a Modi'in...

Questo un esempio dello stato d'animo dei manifestanti riportato sui media israeliani:

"È un governo fascista e un momento spaventoso, dopo 50 anni che vivo qui, non so cosa succederà. Sono incredulo... così i miei figli e i miei nipoti. Non voglio che mia nipote vada in un esercito guidato da Smotrich... preferirei lasciare il paese.  Il sogno sionista include uno stato con l'uguaglianza... ho un figlio gay, adesso è negli Stati Uniti, sta per sposarsi. Non può farlo qui, probabilmente rimarrà lì. I ministri di questo governo vogliono discriminare in base all'orientamento sessuale".

Altri sostengono che il premier Netanyahu voglia questa riforma del sistema giudiziario per evitare il processo per corruzione che lo vede imputato:

"Ciò che succede alla fine è che abbiamo una persona che non si preoccupa dello Stato e che è pronta a fare qualsiasi cosa per uscire dal suo processo. Questo ci danneggerà tutti". 

Così l'ex primo ministro Yair Lapid, a Tel Aviv, si è rivolto ai manifestanti: "Ciò che vedete qui oggi è una dimostrazione a sostegno del Paese. Questa è una dimostrazione per il Paese. Persone che amano il Paese sono venute qui oggi per difendere la sua democrazia, per difendere i suoi tribunali, per difendere l'idea di convivenza e di bene comune. Qui ci sono persone che amano Israele, che sono venute a manifestare per uno stato ebraico democratico secondo i valori della Dichiarazione d'Indipendenza. Non ci arrenderemo fino a quando non vinceremo". 

A render ancor più paradossale e intricata l'attuale situazione in Israele è la posizione del leader di Shas, Aryeh Deri, su cui pende la sentenza della Corte Suprema di Giustizia che gli vieta di svolgere il duplice ruolo di ministro assegnatogli nell'attuale esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu.

Dopo la sentenza, che risale allo scorso mercoledì, se Deri non si dimette dai suoi due incarichi di ministro dell'Interno e ministro della Sanità, Benjamin Netanyahu è obbligato a toglierlo da entrambi gli incarichi.

La Corte Suprema ha stabilito che il doppio incarico assegnato a Deri è in contrasto con i suoi recenti e passati reati finanziari da lui commessi e che Deri ha mentito ad un tribunale facendo credere che si sarebbe ritirato dalla vita politica per evitare il carcere a seguito della sua recente condanna per frode fiscale. Deri è stato anche condannato e incarcerato per aver preso tangenti durante un precedente incarico come ministro dell'Interno negli anni '90.

Domenica a Gerusalemme si riunirà il Consiglio dei Ministri.