È accaduto ancora. E stavolta con una ferocia che non lascia spazio all'ambiguità: quasi 100 persone, tra cui bambini, sono state massacrate in un attacco israeliano coordinato via terra, aria e mare nel nord di Gaza. Un'intera zona densamente popolata ridotta in macerie nel cuore della notte, mentre la gente dormiva.

La casa del fratello di Basheer al-Ghandour è crollata con 25 persone dentro. Sono morte le sue nipoti di cinque e diciotto anni. E ancora, un altro padre, Yousif Salem, è riuscito a salvare a malapena i suoi tre figli da una pioggia di bombe. Scene di orrore puro, eppure il mondo continua a osservare con la solita indifferenza.

Non è una guerra. È uno sterminio, anzi... un genocidio.

Basta con la narrativa distorta di "obiettivi terroristici". Che tipo di infrastruttura terroristica è un'abitazione privata con 25 persone al suo interno? Un campo profughi? Una scuola piena di civili sfollati? L'esercito israeliano parla di "terroristi eliminati", ma le immagini, le testimonianze e le macerie raccontano un'altra verità: corpi di bambini sotto le rovine, madri disperate, famiglie sterminate senza alcuna possibilità di difendersi.

La cosiddetta "operazione antiterrorismo" si è trasformata da mesi in una guerra di annientamento totale. Il messaggio è chiaro: non basta colpire Hamas, bisogna schiacciare Gaza, fino all'ultimo respiro.

I volantini lanciati dagli aerei delle IDF invitano i civili a evacuare. Ma dove devono andare? Dopo mesi di bombardamenti e sfollamenti forzati, la popolazione non ha più nulla: né cibo, né acqua, né rifugi sicuri. Fuggono a piedi nudi, su carretti trainati da asini, trascinando bambini stremati. E quando provano a scappare, vengono colpiti da droni. È un cinico gioco dell'oca: spòstati, fuggi, muori.

L'assedio è totale. Gli aiuti umanitari sono bloccati. La fame dilaga. L'ONU parla apertamente di rischio di carestia per tutta la popolazione di Gaza. Israele nega. Incolpa Hamas. Intanto i bambini muoiono disidratati. Le madri partoriscono senza assistenza. Le famiglie si azzuffano per una razione di pane.

E cosa fa l'Occidente, che si autodefinisce baluardo di democrazia e diritti umani? Balbetta. Chiede "moderazione", lancia appelli vuoti al cessate il fuoco, mentre continua a vendere armi e a legittimare la macchina di distruzione israeliana. Trump, dopo mesi di sostegno incondizionato a Israele, si è accorto che a Gaza "molte persone stanno morendo di fame". Una frase criminalmente insufficiente di fronte a un intero popolo che sta venendo cancellato.

Sì, il 7 ottobre è stato un massacro. Ma da allora, a Gaza, le vittime hanno superato le 60mila (considerando i dispersi), secondo le stime del ministero della Sanità. Quante migliaia devono ancora morire prima che l'opinione pubblica globale trovi il coraggio di dire la verità? Non è più legittima difesa. Non è sicurezza. È vendetta cieca, sproporzionata, inumana.

Secondo il quotidiano israeliano Ma'ariv, la frequenza degli attacchi aerei israeliani sulla Striscia di Gaza è oggi di uno ogni quattro minuti, rilevando che tale frequenza è addirittura superiore a quella registrata alla vigilia dell'operazione di terra nell'ottobre 2023.

Questo non è un conflitto. È un crimine.

Se questo massacro non fa indignare, allora abbiamo perso ogni barlume di umanità. Se la morte di bambini sotto le bombe è diventata routine, se interi quartieri possono essere rasi al suolo senza che nessuno venga chiamato a rispondere, allora il diritto internazionale è solo carta straccia.

Basta silenzi. Basta ipocrisie. Basta con le dichiarazioni vuote. Chi non condanna esplicitamente, chi cerca di giustificare l'indifendibile, è complice. La storia non perdona gli spettatori passivi. E questa tragedia sarà ricordata come uno dei più gravi fallimenti morali della nostra epoca.

La domanda non è più "cosa sta succedendo a Gaza?" La domanda è: quanto sangue innocente siamo ancora disposti a tollerare?