Da un cantautore ci si aspetta spesso introspezione e pathos. Soprattutto quando si parla di una certa scuola romana in cui a teatro ci vanno i radical chic che il giorno successivo commentano la performance del cantante di turno filosofeggiando sui contenuti percepiti da un determinato brano.

Ecco. Dimenticate tutto cio'! Non perchè il repertorio di Simone Barotti non abbia spessore, anzi, alcuni brani sono davvero delle piccole perle (Le Rose e Raccontami di te su tutte). Piuttosto l'indole dell'artista è proprio distante anni luce da tutto quello che convenzionalmente rientra nel concetto di cantautorato.

Così nelle quasi due ore di spettacolo ci si scatena con i ritmi più variegati, dalla Samba al reaggeton, fino al commoversi con toccanti ballad. La rivisitazione di brani noti pare poi particolarmente riuscita. Mi viene da menzionare "Sweet Dreams" in una bella versione "dark" sulla falsa riga di quella proposta da Marilin Manson e "Why don't you do right" (ricordate Jessica Rabbit?) arrangiata tra il blues e il rock. 

Va poi sottolineata la potenza di alcuni brani in versione live del repertorio di Barotti. "Nel disordine che c'è" è sicuramente tra questi. Poi "Suona" dove esce tutta la bella vocalità dell'artista e la travolgente "Amami da ora" che ha fatto letteralmente "esplodere" il teatro. Credo la cantassero praticamente tutti. 

Ma su ogni cosa è spiccata la capacità di "tenere" il palco, tra il racconto del percorso musicale degli ultimi dieci anni e simpatici siparietti volti al mood dell'artista. La parola d'ordine era "Non prendersi mai sul serio". Poi Simone nota un bimbo in prima fila che sa tutte le sue canzoni, si ferma e prova a coinvolgerlo sul palco. Il piccolo Alfredo. Applausi.

Se penso alla definizione di artista mi viene in mente gente così!

Da vedere . Voto 8

G.R.