"Quando un Paese (Usa) perde molti miliardi di dollari con tutti gli Stati con cui fa affari, le guerre commerciali sono positive e facili da vincere. Esempio, quando siamo sotto di 100 miliardi di dollari con certi Paesi e loro fanno i furbi, non ci commerci più e vinciamo alla grande. È facile!"

Questo il tono di uno dei tweet inviati questa mattina da Trump per supportare la sua decisione di aumentare i dazi sull'importazione di acciaio e alluminio.

Il presidente Usa ha ribadito che il suo obiettivo è quello di proteggere i posti di lavoro negli Stati Uniti e gli stessi Stati Uniti, perché l'industria siderurgica americana è in cattive condizioni e "SE NON HAI ACCIAIO, NON HAI UN PAESE!", ha postato via social.


Ma molti economisti non condividono la logica elementare, se non primitiva, di Trump sostenendo che tale iniziativa invece di aumentare l'occupazione, al contrario, la diminuirà finendo col distruggere posti di lavoro nei settori che fanno largo uso di acciaio e alluminio, come ad esempio l'industria automobilistica e quella petrolifera, a causa dell'aumento dei prezzi delle materie prime.

E così, anche le aziende che avevano programmato di aprire o allargare i propri impianti negli Usa adesso stanno ripensando di rivedere i loro piani, come ha annunciato Electrolux che aveva annunciato di investire 250 milioni di dollari del suo impianto nel Tennessee e ora teme che i prezzi dell'acciaio USA, troppo cari, renderebbero i costi di produzione dei propri elettrodomestici troppo cari.

Ma secondo i consulenti di Trump, l'incidenza dei dazi, almeno sull'alluminio, sarebbe del tutto trascurabile, equivalendo ad un centesimo sul costo di una lattina di birra, 45 dollari su un auto e 20.000 su un Boeing 727!

A chi verrebbero applicati i dazi? Ancora non è dato sapere, ma secondo il ministro del Commercio Usa, Wilbur Ross, la misura generalizzata e non da considerarsi rivolta a specifici Paesi.

La notizia, ovviamente, ha avuto ripercussioni negative su tutti i mercati.

Oltre alle nuove dichiarazioni inviate da parte di rappresentanti istituzionali e non che si sono aggiunte a quelle già fatte ieri, soprattutto da parte dei Paesi le cui industrie verrebbero colpite dall'aumento dei dazi, è da segnalare quella di Roberto Azevedo, che non è un signore qualunque, ma il direttore generale del WTO.

Azevedo ha espresso la propria preoccupazione per l'annuncio del piano di Trump per le conseguenze a catena che potrebbe causare. L'Europa ha infatti già anticpato di rivolgersi al WTO per chiedere un suo intervento. Il problema, però, è che tale intervento, per le regole dell'organizzazione che tutela il commercio mondiale, finirebbe per proporre misure che a loro volta potrebbero interessare e, soprattutto, danneggiare altri Paesi che immancabilmente chiederebbero a loro volta interventi correttivi, creando una vera e propria valanga di veti, dispetti e ritorsioni che non potrebbe non essere definita altrimenti se non come una vera e propria guerra commerciale.

E la parola guerra, anche se per il momento solo associata al commercio, non è mai di buon auspicio.