Il confine fra assistenza dovuta a un alleato e complicità nei crimini di quest’ultimo può diventare sottile al punto da essere indistinguibile. Oggi questo è il caso degli Stati Uniti e del loro appoggio “incrollabile” a Israele, come amano definirlo i vertici di Washington durante gli incontri coi leader di Gerusalemme e Tel Aviv.

Appena dopo gli attacchi di Hamas, era chiaro che nell’imminente rappresaglia a tappeto gli israeliani non avrebbero fatto distinzioni fra terroristi e semplici civili. E così in effetti è stato: dopo tre settimane sono alcune migliaia i palestinesi morti a seguito delle operazioni militari di Tel Aviv e della fame provocata dal blocco totale su Gaza imposto da Israele.

Nonostante ciò, gli USA hanno offerto la piena disponibilità ad aiutare le forze armate israeliane. Lo hanno fatto e lo fanno con l’appoggio militare indiretto, fatto di presenza di portaerei e caccia con l’intento di scoraggiare l’ingresso in campo di altri pericolosi giocatori, Iran in primis, di intelligence, e poi con quello diretto fatto condividendo i dati e le informazioni raccolte dai loro velivoli da ricognizione, la cui presenza non è affatto nascosta ma visibile persino sui siti specializzati in tracciamento aereo.

Ma allora gli israeliani hanno colpito edifici civili nei quali, secondo loro, si trovavano i miliziani di Hamas e anche purtroppo degli abitanti di Gaza, e lo hanno fatto grazie ai dati forniti dagli americani: anche questi ultimi allora sono responsabili per la morte dei civili palestinesi, magari bambini?