Gregorio Scribano, pioniere del giornalismo partecipativo in Italia, opinionista ed editorialista, esperto in informazione tecnologica e comunicazione, è da tempo attento osservatore dei cambiamenti sociali e tecnologici che investono il mondo del lavoro. Negli ultimi anni, la sua riflessione si è estesa anche al mondo dell’istruzione, dove l’intelligenza artificiale sta introducendo cambiamenti profondi e inarrestabili. In questa intervista, approfondiamo con lui come l’AI stia trasformando la scuola e quali prospettive, opportunità e criticità si aprano in questo nuovo scenario.


Dottor Scribano, l’intelligenza artificiale sta entrando progressivamente nelle scuole. Qual è la sua opinione su questa trasformazione?

Si tratta di un passaggio inevitabile e fondamentale. La scuola non può rimanere ferma di fronte a un’evoluzione che sta cambiando la società, l’economia e il mondo del lavoro. L’intelligenza artificiale, se usata con consapevolezza, può diventare uno straordinario alleato per potenziare e semplificare i processi di insegnamento e apprendimento. Penso, ad esempio, alla personalizzazione della didattica: oggi possiamo adattare attività, contenuti e metodologie alle esigenze specifiche di ogni studente, promuovendo una scuola più inclusiva, più equa e più moderna.


In effetti, si parla molto del potenziale dell’AI per la personalizzazione dell’istruzione. Qual è secondo lei il valore aggiunto in questo ambito?

È una vera rivoluzione. Pensiamo a quegli studenti con difficoltà di apprendimento, o con stili cognitivi diversi da quelli che la didattica tradizionale tende a privilegiare. L’AI può offrire percorsi su misura, rendendo finalmente possibile una didattica davvero inclusiva e centrata sulla persona. Ma non solo: anche per gli studenti ad alto potenziale o per quelli che hanno bisogno di approfondimenti particolari, l’intelligenza artificiale può rappresentare uno strumento di valorizzazione. In sostanza, non si tratta solo di aiutare “chi resta indietro”, ma di promuovere una crescita personalizzata per tutti.


Secondo uno studio statunitense recente, l’uso regolare dell’AI fa risparmiare agli insegnanti fino a sei ore a settimana. Una semplificazione importante anche dal punto di vista organizzativo, no?

Assolutamente sì. Gli insegnanti oggi sono spesso schiacciati da una mole di lavoro burocratico che sottrae tempo ed energie alla didattica. Se l’AI può occuparsi di creare verifiche, correggere esercizi o pianificare lezioni, allora è giusto e auspicabile sfruttarne le potenzialità. Questo tempo recuperato va restituito alla relazione educativa, alla progettazione condivisa, alla cura dello studente. L’insegnante non viene sostituito, ma potenziato. La tecnologia deve essere uno strumento al servizio della professionalità docente, non un rimpiazzo.


L’AI a scuola non riguarda solo la didattica, ma anche la formazione dei cittadini di domani. In che modo può contribuire a preparare i giovani al futuro?

Introdurre l’AI a scuola significa preparare le nuove generazioni a vivere in un mondo che già oggi – e sempre di più domani – sarà fortemente influenzato da questa tecnologia. Serve sviluppare nei ragazzi l’AI literacy, ovvero la capacità di comprendere e utilizzare in modo critico e consapevole l’intelligenza artificiale. È una competenza trasversale, come lo sono oggi il pensiero computazionale o l’educazione civica digitale. Non possiamo permetterci di lasciarli impreparati: formarli all’AI significa formarli alla cittadinanza attiva e al lavoro futuro.


Questo però comporta anche una riflessione sugli aspetti etici, sulla sicurezza, sulla responsabilità. Quanto è importante questo versante?

Direi che è imprescindibile. L’intelligenza artificiale pone domande nuove e complesse: chi decide? Chi controlla gli algoritmi? Come garantire trasparenza, equità, privacy? La scuola è il luogo naturale dove iniziare a discutere di questi temi. Docenti e studenti devono essere messi in condizione di riflettere sul significato delle scelte tecnologiche. La tecnologia non è neutra, e l’educazione ha il compito di sviluppare una coscienza critica. Senza questo, l’AI rischia di diventare un “sistema opaco” che decide per noi.


In questo senso, quanto è importante il supporto di realtà editoriali e formative che si propongono di accompagnare i docenti in questo percorso?

È fondamentale. I docenti hanno bisogno di strumenti affidabili, aggiornati, ma anche di percorsi strutturati che li accompagnino passo dopo passo. L’idea di partire da un’alfabetizzazione propedeutica per poi proporre materiali pratici, webinar, approfondimenti, è una strada molto efficace. Mi fa piacere che ci sia attenzione anche agli aspetti multidisciplinari e valoriali: la formazione dei docenti non deve limitarsi agli strumenti, ma deve abbracciare anche l’etica, la sicurezza, la pedagogia. Con questo approccio, il supporto di realtà editoriali e formative può diventare un punto di riferimento autorevole e concreto.


In conclusione, qual è il messaggio che vorrebbe lanciare alla scuola italiana?

Non dobbiamo aver paura del futuro. L’intelligenza artificiale non deve spaventarci, ma responsabilizzarci. È uno strumento potente e va usato con intelligenza umana. Dobbiamo formare una nuova generazione di insegnanti e studenti che sappia usare questi strumenti, comprenderne i limiti, valorizzarne le potenzialità. La scuola non è un museo del passato: è il laboratorio del futuro. E il futuro, in parte, lo stiamo già scrivendo oggi.

L’intelligenza artificiale che entra in classe non va vissuta come una minaccia, ma una sfida educativa e culturale, dove il cuore dell’educazione resta umano. Un messaggio chiaro, quello di Gregorio Scribano, che invita a un uso consapevole e responsabile della tecnologia, mettendo sempre al centro il valore educativo della relazione e della conoscenza. In questa visione lucida e pragmatica di Gregorio Scribano, la scuola emerge come protagonista attiva del cambiamento: uno spazio in cui innovazione e umanità possono incontrarsi per costruire il sapere del domani.