Se Pietro Micca avesse avuto sentore di quello che sarebbe successo oggi in Italia penso che avrebbe spento il cerino.
L'episodio Palamara ha messo in evidenza ancora una volta come le istituzioni presentano segni di decadenza: opportunismo, ipocrisia, spirito di casta, una buona dose di superbia e carrierismo stanno seppellendo le ultime illusioni di democrazia e giustizia. La magistratura riveste un ruolo delicato per il mantenimento degli equilibri dei poteri, evidentemente nel suo interno si sono andati sviluppando anomalie comportamentali da parte di coloro che vivono tale funzione con “superficialità e dannosi personalismi” dimostrando di non possedere la mentalità adatta per svolgere un così delicato mandato: la responsabilità di tale situazione risiede in chi li ha selezionati e istruiti. Sono stati contaminati dal virus del potere che si annida indisturbato nelle poltrone su cui siedono.
Palamara è la punta di un imponente iceberg e questo non crea solo problemi interni alla magistratura ma diviene un pericolo per noi cittadini perché quando un’istituzione funziona male produce nello stato un grave squilibrio funzionale e pericolose conflittualità.
Che Palamara abbia commesso un grave “errore” non c’è ombra di dubbio ma bisogna riconoscere che il CSM ne sta commettendo uno più grave quello di impedirgli di dire tutta la verità celebrando un pubblico processo evitando di usare il solito, comodo espediente del “capro espiatorio”. Più volte e pubblicamente Palamara ha dichiarato di voler dire tutta la verità e fare i nomi di tutti coloro che sono coinvolti nella fattispecie: come mai i giudici di Perugia non lo hanno interrogato subito? La magistratura dovrebbe aver percepito che ha perduto già da molto tempo la fiducia della gente e chiudere tale vicenda modificando la procedura, evitando l’audizione di tutti i testimoni aumenta tale sfiducia. La favoletta delle “poche mele marce” non regge, Palamara si è inserito in un sistema preesistente da lungo tempo, lo stesso sistema che aveva tradito Falcone condannandolo a morte.
Ce lo dovevamo aspettare sin da quando emerse il fenomeno devastante della loggia P2, la commissione d’inchiesta parlamentare sotto la saggia e onesta guida dell’on. Tina Anselmi riuscì tra molte difficoltà a delineare la pericolosità di una struttura eversiva che si era sviluppata parallelamente alle istituzioni inquinandole gravemente ma il parlamento non ebbe la forza morale di fare pulizia e il cancro proseguì il suo cammino devastante. L’unica voce che si alzò forte e chiara fu quella dell’allora nostro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, un galantuomo, li definì pubblicamente dei “delinquenti” e da buon garante della Costituzione e presidente del CSM buttò fuori i magistrati che quella Costituzione l’avevano tradita aderendo ad una struttura occulta eversiva per soddisfare le proprie ambizioni personali.
Se vogliamo avere una possibilità di salvare quel poco che è rimasto di una democrazia ridotta a puro fenomeno virtuale, l’attuale Presidente della Repubblica deve avere il coraggio di fare una radicale pulizia, è lui il garante della Costituzione e Presidente del CSM: lo deve agli ultimi che non hanno voce; a coloro che hanno combattuto lealmente la criminalità, la corruzione e il terrorismo e sono stati annientati prima ed eliminati dopo; a tutti quei semplici cittadini che hanno la colpa di possedere una coscienza civile e per questo vengono emarginati; per non deludere coloro che ancora hanno la perseveranza di credere in quei principi di libertà e progresso civile contenuti nella Costituzione; per liberare e lasciar esprimere creativamente le ormai esigue forze positive di questo paese.
Quando la giustizia si può comprare non è più giustizia e non si è più cittadini, ma sudditi.