Il numero di palestinesi uccisi nel raid dell'esercito israeliano nel campo profughi di Jenin nelle prime ore del mattino di lunedì 19 giugno è salito a cinque, secondo quanto riporta il Ministero della Sanità palestinese. Nello stesso raid sono state ferite 91 persone, tra queste 23 sono in condizioni critiche.
Le vittime sono Ahmad Daraghmeh; Khaled Azzam Asa'sah, 21 anni; Ahmad Youssef Saqr, 15 anni; Qassam Faisal Abu Sariya, 29 anni e Qais Majdi Jabareen, 21 anni.
Di prima mattina un numero considerevole di forze israeliane, a bordo di 120 veicoli militari, ha preso d'assalto la città di Jenin, dispiegando cecchini sui tetti di alcune abitazoni e utilizzando persino elicotteri d'attacco.
I soldati hanno sparato proiettili veri, granate stordenti e lacrimogeni. Durante l'azione, un bulldozer corazzato dell'esercito ha distrutto una condotta idrica che forniva acqua al quartiere di al-Jabiriyyat, causando anche l'interruzione dell'energia elettrica.
L'ennesimo raid dell'esercito israeliano a Jenin, diventata ormai una sorta di poligono per l'Idf, è stata giustificata ufficialmente da un portavoce militare come un'operazione mirata a "catturare 2 sospetti ricercati"... E per catturare due sospettati, è stata progettata una missione con centinaia di soldati, oltre ad un centinaio di mezzi, compresi degli elicotteri d'attacco? Suvvia...
Il motivo vero, più logico, è la necessità da parte degli estremisti di destra che supportano il governo Netanyahu di soddisfare la loro base elettorale che vuole impossessarsi dell'intera Cisgiordania cercando di sradicare la presenza dei palestinesi, oltre ad inventarsi situazioni da utilizzare come armi di distrazione di massa per deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dalla contestatissima revisione del sistema giudiziario che, con quanto annunciato proprio questa mattina alla Knesset dai rappresentanti della maggioranza, sembra dover riprendere l'iter, finora interrotto dal tentativo di mediazione di cui il presidente Herzog si era fatto garante.
Un annuncio che probabilmente pone la pietra tombale sulla ricerca di una soluzione consensuale, con le manifestazioni di protesta del fine settimana, mai terminate, che quasi certamente riprenderanno ulteriore slancio.
Per questo, già fin d'ora, sarà logico attendersi ulteriori provocazioni e attacchi nei confronti dei palestinesi, nella speranza (da parte di Netanyahu e dei suoi alleati) che possano poi sfociare in un conflitto, durante il quale l'attuale governo farà perno sul sentimento nazionale per far approvare qualunque legge gli sia gradita.
Ma le leggi che l'attuale governo Netanyahu vuole far approvare non hanno nulla a che fare con quelle di uno stato democratico.