Più di 1.080 parlamentari di 25 paesi europei hanno posto la loro firma su una lettera indirizzata ai governi e ai leader di tutta Europa perché prendano posizione contro il governo di Tel Aviv perché abbandoni la decisione di annettere ad Israele, a partire dal prossimo 1 luglio, parti di territorio della Cisgiordania come conseguenza del cosiddetto piano del secolo presentato da Trump alcuni mesi fa.

Una decisione, tra l'altro, che sarebbe di ulteriore ostacolo al piano di pace a due Stati promosso e sostenuto anche dall'Onu.

"Per decenni - è scritto nella lettera - l'Europa ha promosso una giusta soluzione al conflitto israelo-palestinese in atto promuovendo una soluzione a due Stati, in linea con il diritto internazionale e con il supporto delle Nazioni Unite. Il piano del presidente Trump, invece, promuove un controllo permanente da parte di Israele su un territorio palestinese che risulterebbe frammentato, lasciando i palestinesi senza sovranità e dando il via libera allo Stato ebraico per l'annessione unilaterale di parti significative della Cisgiordania".

Anche dal mondo arabo è arrivata una condanna al piano orchestrato da Netanyahu e Trump e, incredibilmente, sostenuto adesso anche da Gantz che nelle ultime elezioni si era candidato presentandosi agli elettori come oppositore dell'attuale premier israeliano.

La Lega araba ha sottolineato che l'iniziativa d'Israele potrebbe dar inizio ad una vera e propria escalation nella regione. 

E, incredibilmente, lo stesso segretario delle Nazioni Unite, il "prudentissimo" Antonio Guterres ha chiesto ad Israele di "abbandonare" il piano di annessione, perché costituirebbe una violazione del diritto internazionale che, oltre a mettere a rischio la soluzione a due Stati, non potrebbe non avere conseguenze sul piano internazionale.

Che cosa potrebbe decidere Israele a partire dal 1 luglio? Come primo passo potrebbe annunciare che gli insediamenti, attualmente in Cisgiordania, saranno d'ora in poi da considerare in territorio israeliano. Una formalità, visto che dal punto di vista pratico sono territori su cui Israele, tramite i coloni, esercita un controllo diretto, sfruttandoli a proprio esclusivo vantaggio dopo averne scacciato i legittimi proprietari. Pertanto, cambierebbe pertanto poco o nulla rispetto a quanto già sta accadendo... ma non dal punto di vista formale. 

Gli israeliani, nel caso la comunità internazionale si limitasse solo a mettere in atto semplici proteste, dopo qualche tempo passerebbero ad una nuova fase di annessioni, partendo poi dal principio che i territori degli insediamenti sarebbero comunque da considerare parte di Israele.

Che Netanyahu metterà in atto il suo piano è più che certo. Quello che invece non è certo è se, almeno l'Europa, sarà in grado di applicare una serie di sanzioni allo Stato ebraico per evidenti violazioni del diritto internazionale, a meno che agli israeliani non sia concesso fare quello che, ad esempio, ai russi (vedi l'Ucraina) non è permesso. 

Intanto, però, la Corte Penale Internazionale (o International Criminal Court, ICC) dell'Aia nei prossimi giorni potrebbe decidere che dal punto di vista giuridico esistono i presupposti per avviare ufficialmente un indagine contro Israele per crimini di guerra commessi a partire dal 2015.

Non sarebbe un buon viatico per il piano di annessione, con Israele che, nel frattempo, continua a buttar giù case, le ultime a Ramallah, e ad uccidere palestinesi senza motivo, come nel caso di Ahmad Erakat, a cui i soldati israeliani hanno sparato nella zona di Wadi El-Nar, lasciandolo a terra per oltre un'ora senza permettere a nessuno di prestargli soccorso.