La scienza e la tecnica vi si manifestano in un modo così incomparabile, così complesso, così audace da segnare il vertice delle loro conquiste e da lasciarne presagire altre, di cui perfino l'immaginazione non riesce ora a sognare. E ciò che stupisce di più è vedere che non si tratta di sogni.

La fantascienza diventa realtà.

Se poi si considera l'organizzazione di cervelli, di attività, di strumenti, di mezzi economici, con tutti gli studi, gli esperimenti, i tentativi che l'impresa richiede, l'ammirazione diventa riflessione; e la riflessione si curva sull'uomo, sul mondo, sulla civiltà, da cui scaturiscono novità di tale sapienza e di tale potenza.

Sì, sull'uomo, specialmente: chi è questo essere capace di tanto? Così piccolo, così fragile, così simile all'animale, che non cambia e non supera da sé i confini dei propri istinti naturali, e così superiore, così padrone delle cose, così vittorioso sul tempo e sullo spazio? Chi siamo noi?

Vengono alla mente le parole della sacra Scrittura: «Ora io contemplo i tuoi cieli, (o Signore,) opera delle Tue mani, la luna e le stelle, che Tu vi hai collocato. Che cosa è l'uomo che Tu ti ricordi di lui? ... Lo hai fatto di poco inferiore agli Angeli, lo hai coronato di gloria e di onore; e lo hai costituito sopra le opere delle Tue mani. Hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi» (Ps. 8, 4-8; Hebr. 2, 6-8).

L'uomo, questa creatura di Dio, ancora più della luna misteriosa, al centro di questa impresa, ci si rivela. Ci si rivela gigante. Ci si rivela divino, non in sé, ma nel suo principio e nel suo destino. Onore all'uomo, onore alla sua dignità, al suo spirito, alla sua vita. Per lui, cioè per l'umanità. E per i pensatori e gli eroi della favolosa impresa, oggi preghiamo.


Così Paolo VI introduceva nella preghiera dell'Angelus del 13 luglio 1969 la missione dell'Apollo 11 che di lì a pochi giorni sarebeb partita per portare il primo uomo sulla luna.

A poche ore dall'allunaggio del modulo Eagle, una settimana dopo, il 20 luglio, Papa Montini tornò nuovamente sull'argomento, sempre nell'occasione dell'Angelus:


«Che cos'è l'universo, donde, come, perché? Faremo bene a meditare sull'uomo, sul suo ingegno prodigioso, sul suo coraggio temerario, sul suo progresso fantastico. Dominato dal cosmo come un punto impercettibile, l'uomo col pensiero lo domina. E chi è l'uomo? Chi siamo noi, capaci di tanto? Faremo bene a meditare sul progresso.

Oggi, lo sviluppo scientifico ed operativo dell'umanità arriva ad un traguardo che sembrava irraggiungibile: il pensiero e la azione dell'uomo dove potranno ancora arrivare? L'ammirazione, l'entusiasmo, la passione per gli strumenti, per i prodotti dell'ingegno e della mano dell'uomo ci affascinano, forse fino alla follia. E qui è il pericolo: da questa possibile idolatria dello strumento noi dovremo guardarci.

È vero che lo strumento moltiplica oltre ogni limite l'efficienza dell'uomo; ma questa efficienza è sempre a suo vantaggio? Lo fa più buono? Più uomo? O non potrebbe lo strumento imprigionare l'uomo che lo produce e renderlo servo del sistema di vita che lo strumento nella sua produzione e nel suo uso impone al proprio padrone?

Tutto ancora dipende dal cuore dell'uomo. Bisogna assolutamente che il cuore dell'uomo diventi tanto più libero, tanto più buono, tanto più religioso, quanto maggiore e pericolosa è la potenza delle macchine, delle armi, degli strumenti che l'uomo mette a propria disposizione.

Ancora vi sono, lo sappiamo, tre guerre in atto sulla faccia della terra: il Vietnam, l'Africa, il Medio Oriente. Una quarta si è aggiunta già con migliaia di vittime tra il Salvador e l'Honduras. Proprio in questi giorni! E poi la fame affligge ancora intere popolazioni.

Dov'è l'umanità vera? Dov'è la fratellanza, la pace? Quale sarebbe il vero progresso dell'uomo se queste sciagure perdurassero e si aggravassero? Possa invece il progresso, di cui oggi festeggiamo una sublime vittoria, rivolgersi al vero bene, temporale e morale dell'umanità. E perciò preghiamo».


Inutile aggiungere quanto fossero profetiche, sotto ogni punto di vista, le parole di papa Montini.