E' trascorso un mese dal dicembre scorso, quando gli studenti di uno sparuto gruppo di licei romani scelsero di interrompere le lezioni per protesta, anziché contribuire ad una co-gestione didattica come fatto da praticamente tutte le altre scuole.
E non scelsero di 'scioperare' non entrando a scuola o in classe, preferendo occupare l'edificio, quasi fosse un 'rito di disobbedienza' da tramandarsi da nonni a nipoti.
Eppure, rispetto alle leggi che c'erano ai tempi del '68, nella scuola sono cambiate tante cose, dato che è riconosciuta e tutelata la partecipazione studentesca sia nei Consigli di istituto - a seguito dei Decreti Delegati - sia nel cosiddetto “Curricolo Locale” - a seguito della “Autonomia scolastica”.
Dunque, è sbalorditivo che gli studenti occupino scuole interrompendone le lezioni … se i criteri del Piano dell'Offerta Formativa sono deliberati anche dagli studenti in Consiglio di Istituto e se il Curricolo Locale (in cui rientrano le 'co-gestioni”) è competenza regionale e comunale, nelle linee di indirizzo come nei finanziamenti.
E' in nome di questa partecipazione degli studenti alle decisioni della scuola che da anni occupare la scuola non è più reato.
Viceversa, restano un reato l'interrompere il servizio e il danneggiare cose pubbliche, oltre alle responsabilità indirette in caso di infortunio o incidente di compagni di scuola,
Infatti, ci sono state le denunce per dovere d'ufficio da parte dei dirigenti scolastici ed i docenti dei consigli di classe hanno emanato note disciplinari a preludio delle sanzioni scolastiche previste … dal Regolamento d'istituto approvato anche dagli stessi studenti (sic!).
Per le denunce è la Procura a decidere se e come procedere verso gli alunni 'identificati' dalla scuola con apposita nota disciplinare, specialmente se questa contesta la “interruzione di servizio”.
I livelli di responsabilità – come da sentenze passate – sono diversi: ci sono coloro che hanno proposto l'occupazione all'Assemblea d'istituto, c'è chi ha interrotto il servizio 'fisicamente' con catene o picchetti all'ingresso, c'è chi ha meramente frequentato non sapendo dove andare.
Poi, ci sono le conseguenze scolastiche, non banali dato che l'accusa solitamente è di aver violato elementari regole di convivenza e/o mancato di rispetto al personale scolastico.
Non tanto per il voto in condotta insufficiente, che può essere solo da stimolo per un impegno produttivo dell'alunno, quanto per il venir meno dell'elemento fondamentale della docenza: la fiducia nella buona fede dell'alunno/a.
Infatti, se in molti casi sono state 'ragazzate' … a distanza di un mese ancora devono arrivare le scuse … dell'alunno diretto interessato come della famiglia responsabile della sua educazione, almeno per prendere le distanze a dimostrazione di aver capito cosa sono "convivenza" e "legalità".
Magari anche "condivisione", quella - si spera spontanea - che servirà per pagare eventuali danni e per recuperare la quindicina di giorni di lezione persi.