L’esperienza negli affari europei e ucraini di Victoria Nuland è enorme e innegabile. Dunque, fra i commentatori e gli esperti di geopolitica sono in tanti a prendere sul serio ciò che dice la funzionaria di lungo corso delle amministrazioni Obama e Biden, attualmente senza poltrona. Nei giorni corsi ha fatto delle dichiarazioni molto interessanti a proposito di un episodio ancora avvolto da una coltre di ambiguità.

Si tratta dei negoziati del 2022 svoltisi a Istanbul fra russi e ucraini e interrotti quando sembrava che potessero davvero raggiungere un accordo. Prima della Nuland, anche altri esponenti politici di Israele e della stessa Ucraina avevano accennato alla responsabilità diretta o indiretta degli alleati occidentali nel far saltare il tavolo delle trattative.

Secondo le affermazioni della Nuland, tale responsabilità c’è stata, sebbene solamente indiretta. Infatti alle domande della delegazione ucraina se la bozza di trattato fosse buona e conveniente, i britannici e gli altri occidentali risposero convincendo Kiev che bisognava stracciare tutto, persino i punti su cui si era già formato un consenso coi russi. Infatti nonostante la tensione e le difficoltà, i colloqui avevano già ottenuto qualche risultato in termini di avvicinamento fra le posizioni dei due contendenti.

Proseguendo su quella strada, forse si sarebbe potuto mettere fine alle ostilità. E invece in Occidente si sono allarmati quando hanno capito che con quel trattato l’Ucraina avrebbe accettato, tra le altre cose, delle grosse limitazioni alla potenza delle proprie Forze armate. Ciò contraddiceva evidentemente il progetto euroamericano di rendere Kiev un avamposto della NATO a ridosso dei confini russi. Così hanno convinto gli ucraini a ritirarsi dai negoziati e a proseguire i combattimenti.

Purtroppo, non sembra essere stata una scelta positiva per la popolazione, né per l’esercito ucraino, in via di decimazione e di indebolimento progressivo.