L'altra verità sullo sgombero del Camping River e di campi rom in generale

Legalità, tutela dei diritti delle persone, cambio di marcia rispetto al passato, fermezza, inclusione... queste le parole d'ordine con cui Virginia Raggi ha motivato lo sgombero di questa mattina a Roma, con un giorno d'anticipo rispetto alle indicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, del campo rom Camping River.

E le persone che lo abitavano?

«Altri nuclei familiari, dopo quelli che hanno già accettato negli ultimi mesi, si stanno ora trasferendo presso le strutture di accoglienza di Roma Capitale - ha scritto su Facebook Virginia Raggi. - Continuiamo a mettere a loro disposizione soluzioni che consentono alle famiglie di restare unite.

Sempre più persone, inoltre, stanno chiedendo ai nostri operatori informazioni riguardo le misure di inclusione abitativa e lavorativa, e i rientri volontari assistiti nei Paesi di origine.»



Ma è andata proprio così, come la racconta Virginia Raggi che ieri, guarda caso, ha avuto un incontro con il ministro Matteo Salvini?

L'Associazione 21 luglio non la pensa allo stesso modo, come fa sapere il suo presidente, Carlo Stasolla:

«L’azione di oggi segna un’altra pagina buia dei diritti umani in Italia una gravissima violazione dei diritti, un gesto scellerato che oltretutto offende in maniera sprezzante l’autorità e le funzioni della Corte europea.

Un centinaio di uomini, donne e bambini, già in condizioni di estrema fragilità, saranno esposte a un'ancora maggiore vulnerabilità. Da oggi vivere in Italia, e nella città di Roma, non significa vedersi garantiti i diritti umani fondamentali.»

Stamani, ai rappresentanti di Associazione 21 luglio che si sono recati sul posto in quanto Osservatori dei diritti umani, così come alla stampa, non è stato consentito entrare nel campo durante la fase di sgombero.

Secondo l’associazione, alle famiglie residenti non è stata notificata alcuna proposta scritta di soluzione abitativa alternativa e solo a una ristretta minoranza è stato offerto un alloggio alternativo.

Per quanti lo hanno accettato ciò ha comportato la divisione del nucleo familiare. Un centinaio di persone rimaste escluse si trovano attualmente in prossimità del campo, a differenza di quanto sostenuto dalla sindaca Raggi.

A far chiarezza sulla situazione reale dei campi rom, al di là delle parole di comodo della Raggi, anche la testimonianza di Monsignor Lojudice, vescovo ausiliare di Roma, per il settore sud della Capitale.

«Il Comune di Roma dovrebbe essere anche un po’ onesto e dire quali sono le possibilità alternative di alloggio che ha offerto.

Lo stanzone del centro di accoglienza? L’ostello che separa le famiglie? Dateci gli indirizzi precisi degli alloggi alternativi e li vado a trovare. Poi ne parliamo.

Dietro la giustificazione che l’alloggio c’è, l’opinione pubblica ha motivo di dire che sono i rom a non volere andare in appartamento [come ipotizzato ieri anche dallo stesso Salvini in conferenza stampa, ndr].

Ogni famiglia andrebbe consegnata al territorio, per essere aiutata da un insieme di forze (pro loco, volontari, Caritas parrocchiale) ad inserirsi in un contesto diverso da quello di un campo, dove le regole e le leggi sono un po’ così.

Spero di non sentire ora la cantilena che oramai il problema del Camping River è risolto, perché è stata solo messa una toppa.

Lo sgombero è la dimostrazione di un atto di forza da parte di una amministrazione in difficoltà rispetto ad un governo che si presenta in maniera dura, forte. È un gesto per mostrare i muscoli, ma che lascia il tempo che trova.»