La prima storia è riportata dall'UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino oriente. È la storia di Feras, che a Gaza è sopravvissuto al cancro e (per ora) ai bombardamenti israeliani.
Il diciannovenne Feras avrebbe potuto essere un simbolo di trionfo sulla morte: un giovane che ha combattuto contro il cancro al midollo osseo, o linfoma, per cinque anni ed è sopravvissuto, incarnando la resilienza e la voglia di vivere. Ma la guerra ha distrutto la sua gioia di vivere."Abbiamo scoperto la malattia di Feras quando aveva 12 anni. Era forte ed è riuscito a superare le fasi più difficili della malattia. Un trapianto di midollo osseo è stato addirittura programmato per ottobre 2023, dopo aver scoperto che suo fratello Osama era compatibile", racconta la madre, Um Feras.La donna di 43 anni avrebbe potuto festeggiare la vita con tutti i suoi figli, forse per celebrare la vittoria di Feras sulla malattia e il successo di Osama al liceo. La guerra ha rubato quei momenti a tutti loro."Osama è stato ucciso durante uno sciopero nel nostro quartiere e da allora la salute di Feras è peggiorata", aggiunge.La famiglia di Feras viveva nel nord della Striscia di Gaza, ma come il 90 percento della popolazione, è stata costretta ad abbandonare la propria casa. Dopo undici spostamenti, si sono ritrovati a Deir al-Balah, nel mezzo della Striscia di Gaza, quando il loro rifugio è stato bombardato. Feras, sua madre e il fratello più piccolo sono stati gli unici membri della famiglia a sopravvivere.Um Feras ha sopportato l'inimmaginabile. Ha visto i suoi figli urlare sotto le macerie e non è riuscita a salvarli. Più tardi, ha trovato i loro corpi a pezzi all'ospedale. Ha visto i suoi figli come frammenti, incapace di tenerli interi tra le sue braccia per l'ultima volta. Nel frattempo, non è riuscita ad alleviare la sofferenza di Feras."Anche mia figlia sposata, che è stata sfollata a Khan Younis, è rimasta ferita lì. Mi sembrava che la morte stesse inseguendo i miei figli, non importa dove andassero", racconta Um Feras.Eppure, si è tenuta insieme mentre la guarigione del figlio diventava il suo ultimo filo di speranza. Um Feras si è rivolta al centro sanitario dell'UNRWA a Deir al-Balah e ha incontrato il dottor Mohamed. Prima della guerra, l'UNRWA gestiva 22 centri sanitari nella Striscia di Gaza, fornendo assistenza sanitaria alla stragrande maggioranza degli oltre 1,2 milioni di rifugiati palestinesi. Nonostante i danni alle sue strutture, la mancanza di rifornimenti e la scarsa sicurezza, l'UNRWA rimane uno dei maggiori attori sanitari a Gaza."Ho raccontato tutto al dottor Mohammed, dal momento in cui ho sentito le urla dei miei figli sotto le macerie fino a quando sono arrivata alla clinica. Mi ha ascoltata, non solo come medico ma come essere umano. Ho finalmente sentito che c'era speranza per la sopravvivenza di Feras", dice Um Feras.La sua speranza non era infondata. Dopo diverse chiamate e accordi, l'UNRWA è riuscita a portare dosi di chemioterapia dal nord di Gaza per provvedere ai pazienti oncologici sfollati nel sud."Grazie agli sforzi dell'UNRWA, mio figlio e altri bambini che erano stati privati delle cure hanno avuto un'altra possibilità di sopravvivenza", spiega Um Feras.Tuttavia, Feras e molti altri malati di cancro, bambini, donne e giovani, lottano per ricevere il trattamento completo di cui hanno bisogno. Sono lasciati ad aspettare antidolorifici, immunoterapia e cure di supporto. La guerra continua a minacciare le loro vite. È urgentemente necessario un cessate il fuoco completo e duraturo.
Adesso l'altra storia. Si tratta dell'ultimo articolo pubblicato su il Giornale dall'israeliana di origine italiana Fiamma Nirenstein, che stavolta se la prende con la senatrice Segre che in un articolo pubblicato sul Corriere della sera denuncia, se non il genocidio, perlomeno (!!!) i crimini di guerra dello Stato ebraico. Il motivo? Per la Nirenstein quella di Israele è legittima difesa dal terrorismo, non è "vendetta":
"Non so farmi una ragione dell’articolo della Senatrice Liliana Segre, che amo come ebrea e venero come sopravvissuta della Shoah, se non immaginando che nella sofferenza dell’attuale ondata di antisemitismo e di Israele in guerra, spinta dal desiderio di aiutare il mondo ebraico, sia inciampata in un suo legittimo sogno di pace e di equidistanza. Tuttavia, a mio parere, gli ebrei e il mondo civile in generale, non possono abbandonarsi a questo sogno: la verità è l’unica arma per vincere una battaglia, quando essa è per la vita. E questa lo è. L’intenzione della Senatrice è buona: quella di smontare l’accusa di genocidio. Ma nel farlo, Liliana Segre lascia aperto il campo all’accusa di crimini di guerra: tuttavia facendo questo, non fa un buon servizio alla verità fondamentale del diritto all’autodifesa da una forza invece razzista, genocida, e potentissima. Quella dell’Iran e dei suoi proxy, Hamas, Hezbollah, e altri. La Senatrice mette in campo la sua conoscenza giuridica e morale e anche la sua esperienza personale, per individuare giustamente il rovesciamento dell’accusa di nazismo sugli ebrei come pilastro dell’attuale antisemitismo: Robert Wistrich ci ha scritto dei volumi, e così è oggi.Ma già dal primo incipit della sua riflessione, le carte che mostra sono quelle di una scelta di campo, quella del “cessate il fuoco” e dell’equiparazione delle forze in campo, palestinesi e israeliani. Ma non c’è equipollenza qui: si tratta di scegliere fra il bene e il male, la violenza e la pace, la dittatura e la democrazia. Non è virtuosa di per sé la preferenza per il “cessate il fuoco”, quando la guerra è nata da un assalto senza precedenti da parte di una forza assassina che doveva e deve essere necessariamente fermata perché non prosegua o ripeta, forte della sua ideologia nazista, i mostruosi crimini compiuti. Di questo vive Hamas, mentre Israele vive di pace, come ogni democrazia, e va in guerra solo se è obbligata sin dal 1948. Allora, però, c’è un tempo per la pace e uno per la guerra: ed è sbagliato supporre in Israele, aggredita, un supposto spirito di vendetta. Non l’ho visto. Ho visto il sacrificio di una società stupefatta, eroica che è corsa a salvare la gente aggredita e poi a smontare il regime jihadista che ha ordinato di uccidere donne e bambini. Il “pessimo Governo” di Israele, come lo chiama senza spiegare la Senatrice, che come si vede invece cerca subito la tregua, come ha fatto in Libano, appena può, ha cercato solo di salvare il proprio popolo. Sono certa che la maggior parte degli ebrei del mondo è orgogliosa, certo offesa e furiosa per l’ondata di antisemitismo, condivide la guerra di salvezza di Israele, vede chiara la follia dei cortei che quando urlano “Intifada” tengono per un culto della morte in cui dissidenti, omosessuali, donne sono esclusi dalla civile convivenza. Non c’è stato crimine, né vendetta, ma una guerra combattuta sopra gallerie che per 800 chilometri hanno ospitato solo i miliziani di Hamas gli scudi umani di Hamas, unico responsabile dei suoi cittadini, spesso volenterosa parte della nazificazione che ha nascosto in casa, nelle scuole e negli ospedali le armi e i terroristi.Israele dal primo giorno ha fornito cibo e acqua e elettricità, ha cercato con schiere di avvocati di definire la legittimità degli obiettivi, ha sparso milioni di volantini e telefonate per far spostare la gente, mentre Hamas bloccava gli aiuti alimentari e gli scudi umani con i kalashnikov. Perché si accusasse Israele di crimini contro l’umanità. Questo anche quando i numeri, anche quelli forniti dal fantomatico governo di Gaza, danno una percentuale di un caduto civile per un caduto “militare”; la più bassa di ogni conflitto dal 1945. Israele non ha compiuto crimini di guerra, ne ha solo subiti; le accuse delle corti di giustizia nell’ONU e sono l’emanazione della maggioranza automatica che copre lo Stato Ebraico di odio e si associa a quel mondo in cui non c’è né diritto né giustizia, ma solo lo scopo di distruggere gli ebrei, Israele, l’Occidente. Il “pessimo governo” di Netanyahu è l’unico governo democratico mai stato giudicato colpevole; i ragazzi di Israele e i capifamiglia che lasciano tutto per andare nelle riserve, non hanno mai compiuto nessuna crudeltà paragonabile al 7 di ottobre. Questa è una guerra di sopravvivenza del popolo ebraico, una faticosa virtù che salva il mondo".
Lo stravolgimento della realtà nell'articolo della Nirenstein - un esempio di quelli che pubblica abitualmente da anni e che sono paragonabili a quelli della propaganda russa sulla guerra in Ucraina o a quelli della propaganda cinese pro Pechino... un cumulo di assurdità supportate da un totale ribaltamento dei fatti - è sicuramente ciò che dà meno fastidio, se paragonato alla ferocia e all'odio che stanno dietro alle sue parole.
Sono la stessa ferocia e lo stesso odio che hanno permesso agli ebrei di diventare israeliani nel 1948, prima depredando ciò che non apparteneva loro e poi ignorando il rispetto del diritto internazionale a partire dalla risoluzione 194 delle Nazioni Unite. Sono la stessa ferocia e lo stesso odio che hanno permesso a Israele prima di creare nei confronti del popolo palestinese un regime di apartheid (può uno Stato che applica l'apartheid essere definito democratico?) e poi di mettere in atto un vero e proprio genocidio.
Quelle parole sono questa roba qua e da alcuni vengono sdoganate accusando di antisemitismo chi ne denuncia il vero significato. Con che risultato? Quello di finire per essere complici di un bagno di sangue che ha causato decine di migliaia di vittime e che ha come obiettivo quello di cacciare i palestinesi anche da quelle poche terre che erano riusciti a conservare.
E chi si dice democratico dovrebbe far finta di non vedere quello che sta accadendo e di continuare a voltarsi da un'altra parte facendo finta di avere il diritto di farlo credendo alle menzogne di Fiamma Nirenstein?